Nov 11, 2007 - racconti brevi    22 Comments

Bigia

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Giuseppe, detto il Bigia, nato in una piccola frazione di Ballabio in Val Sassina, ora provincia di Lecco. Giuseppe innamorato della sua valle e dei suoi monti, Giuseppe detto il Bigia, soprannome che gli era rimasto appiccicato addosso sin da ragazzino, perché già da allora era solito bigiare la scuola per arrampicarsi lungo i sentieri impervi che conducevano lungo le valli alla raccolta di narcisi in primavera, di funghi o di castagne alla fine dell’estate o all’inizio dell’autunno, oppure per lanciarsi, con la voglia di conquistare il mondo negli occhi, lungo le piste innevate di Artavaggio, piccola stazione sciistica locale. Oppure salire su, in alto, lungo le ferrate e le pareti che conducevano sulle cime del Resegone, delle Grigne, del Sodadura, sempre con la stessa voglia negli occhi.  Giuseppe, operaio in una vicina officina metalmeccanica, alto, magro, scuro, di un aspetto quasi solenne nella sua semplicità, così simile ad un crocefisso alpino. Uomo di poche parole, di lunghi silenzi, silenzi pari a quelli delle sue valli, delle sue montagne. Silenzi intervallati da luminosi e semplici  sorrisi, da sguardi che si sprigionavano da profondi occhi azzurri dentro i quali era così facile leggere il suo grande amore per la vita, si perché lui alla vita aveva chiesto solo quello che la vita avrebbe potuto dargli, si lui il Bigia il suo mondo lo aveva già conquistato. C’erano due grandi amori nella sua vita, la montagna e lei, Angela, uno scricciolo di poco più di quaranta chili, piccola, minuta dolce, allegra e disponibile. Era quasi buffo vederli assieme lui lungo allampanato, tranquillo, lei al suo fianco sembrava una bambina vivace al fianco di un padre, ma quando salivano in cordata lungo le pareti, o quando assieme scendevano lungo le piste innevate, ecco che improvvisamente quella differenza che si notava immediatamente vedendoli uno accanto all’altra scompariva e subito saltava agli occhi di chi li osservava l’eleganza, la contemporaneità dei movimenti quasi si muovessero in simbiosi consapevoli entrambi dei movimenti dell’altro. Si muovevano sempre assieme, dove c’era uno c’era anche l’altra, si racconta che lui avesse anche cercato di cambiare lavoro e di farsi assumere nel caseificio della valle dove lei lavorava, ma non perché ne fosse geloso, solo perché Angela, per lui, era come la montagna, un amore troppo profondo per potersene staccare anche solo per poche ore. Poi un brutto giorno, Giuseppe perse uno dei suoi grandi amori, una fredda sera invernale rientrando dal lavoro forse a causa del fondo stradale ghiacciato, Angela perse il controllo dell’auto e finì nel greto del torrente sottostante, la trovarono solo il mattino dopo, quando ormai era troppo tardi. Il Bigia scomparve, gli amici si chiesero dove fosse finito perché nessuno lo vide più sulle piste per tutta la durata dell’inverno, lo incontrarono nuovamente in primavera lungo uno dei percorsi che portava alle vette, stava là, accucciato in un affranto di roccia, dove erano soliti fermarsi per un breve spuntino prima di continuare la salita lui e Angela, con gli occhi fissi verso le cime e le valli che gli si aprivano d’avanti agli occhi, salutava con un sorriso quanti passavano, e sempre con un sorriso scuoteva il capo con un gesto diniego a quanti  gli chiedevano di proseguire con loro la salita. La sua vita divenne quasi un rito, nel tempo libero saliva sui suoi monti ad abbracciare le montagne che tanto amava per ricordare assieme a loro quell’altro grande amore che la vita gli aveva tolto. Tranquillo e silenzioso, sempre sorridente e generoso, sì perché  era sempre il primo ad accorrere in caso di incidenti sulla neve affiancando quelli del soccorso, o a partire sulle pareti, anche da solo, in aiuto di arrampicatori in difficoltà o alla ricerca di qualcuno smarrito. Così passavano gli anni, sempre uguali ripetitivi nei gesti  e nei ricordi ma mai monotoni, perché accompagnati dall’ amore per i luoghi e nel ricordo di quell’altro amore. Continuando a scalare, continuando a sciare sempre con quel sorriso, con quello sguardo, con quel leggero cenno di saluto accennato col capo prima di partire per l’arrampicata o lanciarsi giù lungo la pista. Sino a quell’anno, sì, sino a quel malaugurato anno in cui a causa della stupidità, dell’incapacità dei gestori degli impianti che per anni avevano pensato solo al guadagno senza mai rinnovare gli impianti la società di gestione venne chiusa e fu dichiarato il fallimento. Nessuno rilevò gli impianti i costi di ammodernamento erano troppo elevati, e a parte gli habitué la maggior parte degli sciatori frequentatori di quella valle, si erano già diretti alle piste di Bobbio distanti solo pochi chilometri e da tempo dotate di nuovi impianti. Fu così che anche i rifugi in quota solitamente aperti anche d’estate furono costretti a chiudere non potendo garantirsi solo  quel breve periodo di attività guadagni sufficienti alla propria sopravvivenza. Per Giuseppe fu troppo, la vita gli aveva strappato uno dei suoi amori, ora degli avidi incapaci lo avevano privato anche di una parte delle sue montagne, proprio di quella parte che lui da anni percorreva a piedi o con gli sci, in quello che era diventato il suo santuario dei ricordi. Non avrebbe più potuto percorre quelle piste sciando solitario ed immaginando si sentire dietro il leggero sfrigolio della neve sotto gli sci di Angela,  non avrebbe più potuto sedersi lassù al rifugio sempre allo stesso tavolo, sfogliare quel menù che ormai conosceva a memoria guardare verso la sedia accanto quasi a voler chiedere, “E tu cosa prendi?” . No, questo era troppo, non gli avrebbero tolto anche quegli ultimi ricordi, non lo avrebbero privato dell’amore per quei luoghi, delle sue montagne, non gli avrebbero rubato quell’ultimo sogno. Fu così che quel giorno Giuseppe, detto il Bigia, decise di andarsene.

Malgrado la volontà e gli sforzi di alcuni la stazione sciistica di Artavaggio non fu più riaperta, in quanto considerato antieconomico il ripristino e la manutenzione degli impianti. Io ogni tanto torno da quelle parti, vado a sciare sulle vicine piste di Bobbio e alcune volte dagli impianti in alto, guardo giù a valle e mi sembra di scorgere due figurine che all’unisono si muovono con eleganza sulla neve, ciao Bigia.

                                                                                                          refusi

Bigiaultima modifica: 2007-11-11T16:45:00+01:00da refusi
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22 Commenti

  • vedo che sei tornato, e alla grande. ti leggerò con attenzione, come meriti, per il momento ti lascio un abbraccio. af

  • “…di un aspetto quasi solenne nella sua semplicità, così simile ad un crocefisso alpino…” è una bellissia descrisione, mi è sembrato di vederlo. Ciao Ref!

  • Mi sono chiesta spesso se sia più straziante vivere un grande amore e perderlo per sempre o non viverlo affatto. La risposta resta ancora sospesa nel mio cuore…
    Resta un fatto. Siamo niente senza amore.

  • Mi sono trovata a guardare la valle col Bigia in silenzio, perchè il dolore se non vuole essere condiviso forse ha bisogno di una stampella a cui appoggiarsi di tanto in tanto. Mi hai fatto conoscere un uomo unico. Grazie.

  • Non so se prendelo come un complimento o come una offesa. Intanto ci rido. Ti abbraccio Ref.

  • Stasera solo un saluto.
    Passero con calma a leggere il tuopost.
    ciao
    Francesco

  • ciao ref che tristezza…ti giuro ho le lacrime agli occhi…un pò è colpa del raffreddore ma credimi…mi hai fatta commuovere…la storia era iniziata così bene e mi era piaciuta così tanto…quando…puff…nooo…però sò che cosa tu mi diresti che sono cose che capitano…e va bè…grazie mille per il salutino di oggi!ti mando tanti bacetti…tranquillo con la mascherina così non ti infetto…altrimenti poi devo pure sentirmi in colpa!ihihih

  • Hai fatto un ritratto struggente di un uomo che ha amato tanto. E quando si ama tanto, questo amore si espande a macchia d’olio.Con il tuo ricordo l’hai reso immortale, perchè anche noi non lo dimenticheremo.

  • mi hai fatto prendere un colpo
    io, trentino, amante delle montagne
    che ogni volta che poteva se ne andava
    a camminare
    che ora
    vive assieme ad una dolce piccola
    Angela, spero che la storia non si ripeta proprio

  • buonasera ref…baci

  • Ecco di nuovo uno scritto degno di te.
    Garbato, descrittivamente esemplare, di presa immediata.
    Complimenti Ref.
    Francesco

  • si sente che ami le montagne, come me, è bellissimo.

  • ciao ref…stai tranquillo mi sono quasi rimessa e si può dire che riesco a fare anche i miei soliti saltelli…ihihih…baci

  • buongiorno ref…un bacione!la febbre passata.è rimasto solo un pochetto di raffreddore…che sinceramente mi da più fastidio per via del percing che per altro!baci

  • Buoan serata Ref…
    Ciao
    Francesco

  • Ho riletto il racconto e ho trovato nuovi dolcissimi particolari da gustare. Un abbraccio.

  • Eh… Valsassina, la valle assassina…. frequento la valle per ragioni familiari, mi piace come hai descritto la malinconia di certi “sguardi” rivolti al paesaggio. Un paesaggio frastagliato e malinconico, proprio per questo unico. ciao!

  • e così arriva sofia…a salvarti dalla sfiga del diciassettesimo commento…ho preso il posto di miss…poverina…ti auguro una dolcissima e buona domenica.

  • non so che dire…sono ammutolita…sei bravissimo a scrivere e su questo non ci piove..hai reso perfettamente il senso ricreando l’atmosfera intorno…ma……ciò a cui penso è l’amore di quest’uomo……troppo sensibile per sopravvivere alla vita.

  • Ti auguro un buon inizio di settimana.
    Ciao Ref,
    Francesco

  • ciao ref tranquillo non fa niente quando hai tempo e la pigrizia te lo permette passi…ihihih…dai su su su…mica vai in letargo tutto l’inverno=?un bacissimo

  • Buona giornata Ref
    Francesco