Pipistrello
Solo,
nella silente notte vai,
del cadenzato passo tuo
intendi il tocco,
che altro rumore
non giunge a disturbare
dei tuoi pensieri il corso.
Nero pipistrello,
quali falene vai cercando?
Solo,
nella silente notte vai,
del cadenzato passo tuo
intendi il tocco,
che altro rumore
non giunge a disturbare
dei tuoi pensieri il corso.
Nero pipistrello,
quali falene vai cercando?
Là, nella notte insonne
immoto vago
che i miei pensieri
non danno riposo alcuno.
Da stella a stella
inseguo
un improbabile dio
e quando, al fine del gallo
il canto l’alba annuncia,
pietosamente
al sonno giaccio.
(testo di canzone in cerca di musica)
Il bel paese lo chiamavano
era un paese di bellezza e di poesia
sicuramente non sbagliavano
ma era solo coreografia.
Era un paese senza regole
mafia, camorra, cosa nostra e così via
ma anche gli onesti ci abitavano
pertanto era anche cosa mia,
e anche se questi si illudevano
di certo non era la vecchia fattoria.
Lavoratori ed industriali si impiccavano
privati di lavoro e fantasia
uniti insieme se ne andavano
i proletari con la borghesia.
Era un paese di politici ………
che si arricchivano prima di andar via,
lasciando tutti quelli che protestavano
nelle mani della polizia.
Intanto i giudici processavano,
tutti impettiti nella loro biancheria,
soltanto quelli che contavano
per apparire in fotografia
nei notiziari che riempivano
tutti gli schermi di un immensa porcheria.
Così gli imbonitori ne approfittavano
vecchi comici balordi o così sia
urlando dentro alle piazze predicavano
senza arte ne parte un utopia,
e gli allocchi e gli scontenti gli credevano
accomunati dalla frenesia
più disperati che convinti si aggrappavano
a una speranza ma con malinconia.
Però io so di certo si sbagliavano
ingannati dalla dietrologia
e non volendo il paese indirizzavano
decisamente su una brutta via.
Furono in molti allora che decisero
decisamente che era meglio andare via
fu con certezza illuminata che capirono
quella non era la vecchia fattoria…………..
ia ia ooohhhhhhhh
La prima parola d’amore
timidamente sussurrata
al lobo
di un compiacente orecchio.
La prima velata menzogna,
voluta,
celata nel buio delle labbra
per conquistare un amore
da altri sfitto,
dimenticato nell’abitudine
di un rapporto consunto.
Tu mendicante
raccogliendo vai
altrui resti.
Confusi stati d’animo
rendono instabili,
dei miei pensieri i confini.
Volti ignoti,
luoghi sconosciuti,
paesaggi sfiorati
da leggiadre fate,
bui baratri, frequentati
da ossessivi orchi
si affacciano
dall’universo inconscio
a lambire una ragione
succube,
al quieto vivere.
Io da sempre cammino
sotto un cielo di sole
fradicio di pioggia.
Personali cumuli,
perennemente inondano
la mia anima
di lacrime mi piante
a farcire un dolore
che non trova causa,
nato in un immemore
lontano passato,
prima ch’io fossi
Perso, perso, perso
l’ultimo frammento di sogno.
Anima singhiozzante rincorri
spirali di gioia
tenui come nebbia,
apparse in un istante di oblio
e subito fugate
da feroci luci.
Cieco nel buio
odo
un sussurrar di voci,
che di ricordi colmano
i pensieri.
Voci che perdo
quando la luce appare
e nuovamente corro
incontro alle emozioni.
Cieco nel buio
sordo nella luce,
col tempo, forse
un giorno sarò
uno.
Sei nato piangendo in un giorno passato
con già sulle spalle un antico peccato
Ed ancora incosciente hai chiesto il perdono
per questa tua colpa al Figlio dell’Uomo
Poi ti hanno parlato di leggi e morali
e ti hanno insegnato che siam tutti uguali
Ma poi ti sei accorto che i ricchi e i potenti
da leggi e morali sono sempre esenti,
così ti sei posto alla cerca del vero
inseguendo risposte in ogni pensiero.
Ma un uomo che pensa è un uomo perduto
il suo mondo si perde nel nero assoluto
ed proprio per questo che sente il bisogno
di prender la fuga all’interno di un sogno
ma un uomo che sogna è un uomo dannato
non trova più posto in tutto il creato
perché dentro intende che le cose belle
son troppo lontane, son oltre le stelle
così abbassa gli occhi, e tace la voce
ma dentro gli esplode una rabbia feroce
ma è una rabbia inutile che fa solo male
imbelle e sconvolto in un gesto fatale…
E la’ sulla Senna, su un vecchio barcone
il ricordo di un uomo, soltanto un barbone
C’è più mare di qua
che di là.
Su spiagge asciutte
lacrime amare.
Mare, sale, sudore,
tutte cose
che hanno il medesimo
amaro sapore
Datemi del pane
che fui io
ad arare i campi un fondi solchi
io sparsi
con callose mani i semi
io mietei i campi
falciando steli,
trebbiai dorate spighe
e macinai farina.
Datemi,
quel pane che è mio.
Versate il vino,
che io posai le viti
in diritte file lungo la collina,
io, ne potai i rami
colsi i grappoli,
e i piedi miei
pigiarono nei tini
il rosso nettare.
Versate,
quel vino che è mio.
Datemi del pane
versate del vino
per la mia comunione.
La comunione del corpo
giacché sin troppo
nutriste il mio spirito,
che il mio stomaco
rattrappito dall’aria
inacidito dall’acqua
ora
chiede altro cibo.