Da quale mare
da quale spazio
in quale tempo
giungemmo noi.
A quale lido
a quale spiaggia
in quale porto.
Quale
la nostra strada
quale il nostro
definitivo approdo.
Generazioni perse,
prigioniere dello spazio,
assurdi inventori
di un tempo consumato
da padre in figlio
da figlio in padre.
Scordato
il lontano inizio,
persi nella notte
di un tempo uguale,
noi mutevoli.
Quale il nostro fine?
Noi mutevoli,
ma eterni come il tempo,
chi siamo?
Miseri resti di dei
non più immortali?
Bruchi, crisalidi
di inimmaginabili farfalle?
L’assurdo gioco
di un capriccioso dio?
Quale fu l’inizio?
Quale sarà
la fine?
Oggi il mondo,
Ha smarrito i suoi colori,
e l’orizzonte
è diventato grigio,
oggi,
è scomparso un mito.
Una quei volta
un quei di
un quei mument
una quei storia,
cusida insema
coumé un lenzoeu vecc
tira insema cui strasc,
coumé una man giunta,
coumé un suspir roubaa,
coumé ul temp chel pasa,
coumé un piant scunduu
coumé un suris douna.
Coumé un dì de sou
coumé una not de luna,
coumé l’aqua d’un fium,
coumé l’unda del mar,
coumé la nebia,
coumé la brina,
coumé un sogn
coumé una vita.
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Una qualche volta
un qualche giorno
un qualche momento
una qualche storia,
cucita insieme
come un lenzuolo vecchio
messo assieme con stracci,
come una mano stretta,
come un sospiro rubato,
come il tempo che passa,
come un pianto nascosto
come un sorriso donato.
Come un giorno di sole
come una notte di luna,
come l’acqua di un fiume
come l’onda del mare
come la nebbia,
come la brina,
come un sogno,
come una vita.
Ricordi
dentro una scatola di cartone,
foto screpolate
ingiallite dal tempo,
fogli sgualciti
su cui, a fatica
si scorgono tracce
d’inchiostro
che lottano
per non scomparire.
Rugose, tremanti mani
rovistano con cura,
togliendo e riponendo
ogni volta,
dietro e finestre ovali
stanchi occhi
osservano
e ricordano una vita,
vecchiaia.
Ascolti,
un pensiero
che ti sussurra in testa,
una nota dimenticata
risuona improvvisa
e ti sfiora l’anima
e poi
una lacrima.
Sigari avana,
volute di fumo nella sera
l’acre sapore del rum,
giù nella gola
dita rattrappite
più non trovano lettere
sopra la tastiera
e non riescono a comporre
la parola,
canne di fucile
acciaio brunito
Cuba,
irraggiungibile e lontana.
Risuona nell’aria
come una preghiera
un ultimo, inudito
rintocco di campana.