Lug 18, 2007 - racconti brevi    6 Comments

Kivulimi

parte prima

Zanzibar, 24 agosto 2000

L’aeroporto internazionale di Zanzibar altro non è che un enorme hangar dall’aspetto molto poco rassicurante, dove al posto dei nastri trasportatori le valigie vengono sbattute su dei tavolacci messi uno in fila all’altro. Il personale addetto alla sicurezza non parla l’inglese, ma in compenso riesce a farsi comprendere benissimo mercanteggiando l’ispezione dei bagagli. Per una frazione di secondo penso di ribellarmi, ma sono troppo stanca e svuotata per delle insignificanti questioni di principio. Il volo è durato oltre sei ore e sono stanca. Seduta da sola, ho pianto per un bel pò, rimpiangendo questo colpo di testa, per inseguire un sogno di bambina. Alla fine la spunto per un dollaro americano.

Il tragitto in pullman è durato quasi quarantacinque minuti. Il caldo non è eccessivo, siamo a fine agosto e qui l’estate sta per finire, si approssima la stagione delle piogge. Il paesaggio è sempre uguale, rigogliosissima vegetazione tropicale ovunque.

Il bungalow è spartano. Fin troppo. Non era così nel depliant. Solo un letto coloniale di legno scuro circondato da una zanzariera  e pochissimi altri mobili. L’odore almeno è buono. Sandalo o chissà quale altra fragranza esotica. Mi accingo ad aprire la valigia, ma dopo dieci minuti buoni di vane ricerche mi rendo conto che non ho la chiave per aprirla e non riesco assolutamente a ricordare dove posso averla messa. Come se una fitta coltre di nebbia avesse avviluppato la mia mente.  Pensa un po’ se mi fossi rifiutata di pagare all’aeroporto, che misera figura avrei fatto! Il cellulare, penso. Meglio avvertire casa che sono giunta a destinazione sana e salva. Niente. Nonostante abbia contattato il servizio clienti prima della partenza per informarmi sulla procedura da seguire per le chiamate dalla Tanzania non c’è verso di comunicare con il mondo civile ed in più gli adattatori che mio padre mi ha dato per le prese di corrente sono tutt’altro che adatti… non posso telefonare e non posso ricaricare la batteria del telefono.  

Mi accascio sul letto con le lacrime che mi ballano negli occhi… proprio in quel momento squilla il telefono. Mio padre! Grazie a Dio almeno posso ricevere, anche se la batteria non reggerà mai una settimana intera. Lo avverto dei disagi con il telefono e gli dico che sto bene e sono contenta. Meglio tralasciare il particolare della valigia.

Esco e mi reco alla reception chiedo all’addetto se può mandarmi qualcuno con una tenaglia per rompere il lucchetto e nel frattempo scopro che contrariamente a quanto assicuratomi dall’agenzia nel villaggio non c’è ufficio cambi. Nell’isola accettano solo dollari, delle lire italiane neppure a parlarne e l’ufficio cambi più vicino è comunque troppo lontano… a parte il fatto che pare da queste parti prendano delle commissioni che farebbero impallidire anche il più incallito degli strozzini.

Di bene in meglio, mi trovo a seimila km da casa, con appena duecento dollari in tasca ed una lunghissima settimana davanti a me.

Torno in camera in attesa che vengano a scassinarmi la valigia, affondo le mani nella tasca e trovo le stramaledettissime chiavi… devo averci guardato almeno venti volte! Non mi sono ancora ripresa che sento bussare alla porta e mi trovo davanti McGyver con una tenaglia che sarebbe più indicata per tranciare l’ormeggio di una nave da crociera. Un po’ imbarazzata gli dico che ho già risolto e lui mi guarda come se fossi una turista sprovveduta e tonta. Ed è proprio così che mi sento, ma preferisco non pensarci e dare la colpa di tutto alla profilassi antimalarica. Pensare che un mese fa sono finita in ospedale per la reazione allergica al vaccino contro la febbre gialla e quella pazza invasata dell’ufficio sanitario mi aveva suggerito anche di prendere la pillola anticoncezionale nel caso in cui fossi stata rapita e violentata da qualche indigeno… al ritorno da questa vacanza avrei dovuto ricoverami in una clinica per tossicodipendenti… o per malattie mentali…

Mi sistemo alla bene e meglio. Sono pentita, ma ormai non è più possibile tornare indietro, tanto vale cercare di affrontare la cosa nel modo migliore possibile. Con tutto questo trambusto ho scordato il motivo per cui sono venuta qui. La casa delle Ombre, Kiwulimi.

Continua……
                                                            penny.blue

Kivulimiultima modifica: 2007-07-18T16:00:00+02:00da refusi
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6 Commenti

  • Certo che puoi linkarmi e certo che va bene, tutti mi chiamano così… 😉

  • pentita? e perchè? per il cell,per la chiave? nooo vai avanti non si torna indietro… e poi sono curioso di leggere la secnda parte.sarà una storia a lieto fine?
    aj

  • In fondo mi interessa l’opinione di chi riesce ad immaginarselo un Pulcinella nuovo.Forse chi non è napoletano riesce prima nell’impresa.Grazie comunque.
    artista1969

  • in attesa della seconda parte … un saluto . affettuosam

  • Invidia

  • per notimetolose… chi è l’autore dei quadri nel tuo blog? botero forse? bellissimi