Ago 10, 2007 - racconti brevi    6 Comments

Giorgio- La compagnia del lido

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Trentacinquenne, un metro e settanta per 90 chili, capelli e occhi scuri, bello a giudizio delle donne, se non fosse stato per quell’eccesso di peso. Sì perché il cinquanta per cento di quei novanta chili, Giorgio se li portava tutti appresso ad altezza vita, in morbide pieghe che gli ballonzolavano attorno ai fianchi quasi fossero una ciambella salvagente a più strati. Faceva parte delle compagnia del lido, quella che, nel corso degli anni 80, si ritrovava tutte le estati a partire dal mese di giugno i sabati e le domeniche al lido di Villa Geno, sulla sponda destra del lago, per le solite interminabili partite a ramino pocherato, interrotte soltanto, durante le giornate più calde, da saltuarie quanto brevi docce o da salti dal pontile dentro le acque del lago alla ricerca di un po’ di refrigerio. Eravamo sempre i soliti, da anni, una compagnia eterogenea, il Corselli, sessantenne proprietario di una tabaccheria e articoli souivenir del centro, di origine emiliana, uomo pacato e tranquillo, paziente mai sopra le righe, Felice ex parrucchiere, detto Felicetti o scheggia impazzita, un po’ per le sue dimensioni, un po’ per il fatto che se non riusciva a vincere almeno un ramino nel corso della giornata dava in escandescenze tali da far temere a tutti che prima o poi sarebbe incorso in un infarto, aveva il vezzo di togliersi abitualmente una decina di anni. Nel corso di alcuni incidenti avvenuti allo stadio, dei quali era stato vittima innocente aggiudicandosi il record assoluto di salto in lungo dalle gradinate con conseguente frattura di tibia e perone, aveva dichiarato il falso alle forze dell’ordine insistendo sul fatto che la data di nascita, presente sia sulla patente che sulla carta di identità, fosse dovuta ad un grossolano errore dell’anagrafe. Sergio, fortunato rappresentante di un paio di aziende produttrici di liquori altamente in voga in quel periodo e che grazie all’invenzione della segreteria telefonica, si limitava a scaricare gli ordini registrati ogni mattina ed a trasmetterli alle aziende, affetto da un incipiente calvizie che cercava di mascherare con un vistoso riporto che gli partiva dal lato sinistro del capo sino a coprire tutta la parte anteriore per giungere alla parte destra, fermato in modo civettuolo, nei giorni di vento, da una molletta. Non era più ricorso al parrucchino da quando una sera alla Romantica, nota sala da ballo posta in quel di Lugano, un amico glielo aveva  tolto con una mossa rapida dalla testa durante un ballo, sotto gli occhi stupiti di una signora straniera che aveva lasciato precipitosamente la sala. Primino, anche lui agente di commercio, ma meno fortunato, trattava elettrodomestici, e doveva sbattersi tutti i santi giorni lungo le strade della provincia per portare a casa un po’ di soldi, non che guadagnasse poco intendiamoci, ma erano tutti soldi abbondantemente sudati. Giorgio di cui vi ho già parlato e naturalmente il sottoscritto.
La compagnia era sempre quella, le novità assenti, salvo i normali fatti di vita quotidiana, da anni, tranne che per quell’anno, quell’anno le cose andarono diversamente. Era il primo sabato di apertura, e la voglia di iniziare a giocare era tanta che appena raggiunto il minimo numero consentito cominciammo a giocare, dopo qualche minuto giunse Felicetti aggregandosi immediatamente al tavolo, a questo punto mancava solo Giorgio, le domande di rito, sai se viene? Lo hai più sentito dopo? Arriverà più tardi, e così via, ed il gioco era continuato fra le esplosioni di urla di un Felicetti che non sembrava in giornata di grazia. Era ormai pomeriggio inoltrato quando dalle nostre spalle giunse una voce, “Salve ragazzi”, alzammo tutti lo sguardo in contemporanea, poi stupiti ci fissammo negli occhi, con le mani di tutti che dimentiche di quanto stavano facendo avevano lasciato cadere in modo disordinato le carte sul tavolo, di fronte a noi, in bermuda rossi e t shirt gialla Fruit’s of the loom troneggiava, si troneggiava nel suo metro e settanta, con un figurino da far invidia ad un indossatore, Giorgio. Lo stupore fu tale che la domanda proruppe all’unisono da cinque bocche “Ma come cazzo hai fatto?” In risposta ci giunse un sorriso di sufficienza, “Beh, – lo udimmo pronunciare – in verità ero stanco di tutti gli sfottò che mi indirizzavate immancabilmente ad ogni inizio di stagione, così quest’anno a gennaio ho cominciato una dieta e mi sono iscritto ad una palestra frequentando un corso speciale per il rimodellamento del corpo” Inutile dire che nei nostri sguardi oltre alla sorpresa cominciava a farsi largo l’invidia. Con le carte ormai sparse disordinatamente sul tavolo andava da sé che quella partita era ormai, come si suole dire “andata  a puttane”, pertanto la decisione unanime fu quella di sospendere per qualche minuto ed andare a rinfrescarci nelle fresche acque del lago. Ci recammo tutti sulla riva e poi sul pontile che si protendeva sulle acque, Giorgio non si era cambiato, accampando una scusa si era rifiutato di fare il bagno in compagnia, ma mal gliene incolse, non si può rifiutare un invito degli amici. Una strizzata d’occhi e Primino e Sergio si avventarono sul malcapitato lanciandolo in acqua alcuni metri oltre il pontile dove si inabissò rapidamente fra le sonore risate generali, riapparve in superficie dopo alcuni istanti urlando come un ossesso,  come uno che non sapesse assolutamente nuotare e che stesse rischiando di annegare.  Ci guardammo in faccia sorpresi, sapevamo come Giorgio fosse, come tutti noi d’altronde, un ottimo nuotatore e non capivamo il perché di quelle urla forsennate. La t shirt gialla, gonfiata dall’aria si era allargata come una bolla attorno alla sua testa, poi lentamente aveva iniziato a sgonfiarsi nella parte superiore, mentre fra la sorpresa generale aveva iniziato ad allargarsi nella parte inferiore e adagio adagio. la ciambella salvagente multistrato era tornata ad apparire lungo il giro vita all’altezza dei fianchi, la pellicola di domopack, avvolta strettamente attorno alla vita, allentata dall’acqua improvvisamente aveva ceduto, liberando l’insolito contenuto.
Giorgio con gli occhi fuori dalle orbite con quattro bracciate aveva raggiunto la scaletta, arrampicatosi con una velocità inaudita si era poi precipitato fuori dal lido, fra lo stupore di tutti e lasciando noi con la bocca spalancata, il fiato sospeso e con le risate che si erano spente in gola nell’attimo stesso in cui ci eravamo resi conto che quello stupido scherzo si era rivelato molto più feroce di quanto avessimo in realtà mai immaginato. Tornammo ad occupare il tavolo evitando di parlare dell’accaduto, anche se a tratti ed alternativamente, ognuno di noi era costretto ad abbandonare il tavolo incapace di trattenere le risate che gli montavano ferocemente da dentro. L’accaduto avrebbe poi tenuto banco per parecchio tempo al nostro tavolo scatenando ogni volta sonore incontenibili risate e un po’ di rimorso, ma da quel giorno non  vedemmo più Giorgio, neppure negli anni successivi. Venimmo poi a informati che frequentava il lido di villa Olmo, sulla sponda opposta del lago, ma non ci fu mai dato di sapere se confezionato o meno

                                                                                                                    refusi

Giorgio- La compagnia del lidoultima modifica: 2007-08-10T21:00:00+02:00da refusi
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6 Commenti

  • Simpaticissimo davvero questo racconto che per altrro rivela due verità assolute:
    1) Il desiderio di apparire…. ad ogni costo,,,anche truccando la realtà.

    2) la verità viene sempre a galla.

    Bravo, amico mio, è sempre un piacere leggerti!
    Ciao
    Francesco

  • Ti auguro una felice domenica
    ciao
    Francesco

  • Tanti anni fa c’era una canzonetta “Giorgio del lago Maggiore” ai nostri giorni sarebbe stata classificata un tormentone. Faceva così: o Giorgio del lago maggiore, polenta, polenta, risotto, risotto…sicuramente anche lui sarà stato bello in carne. Scrivi molto bene è sempre piacevole leggerti. Bacio Poldy

  • Un augurio di felice ferragosto amico mio,
    ciao
    Francesco

  • Racconto molto divertente e scritto benissimo, forse un po’ dolce-amaro..

  • Voi uomini siete talmente crudele tra di voi che alle volte mi piacerebbe essere un maschio. Rido. Splendido Amarcord, splendidi amici.