Apr 22, 2009 - pensieri, poesie 4 Comments
A imperitura memoria
della stupidità umana
Lentamente, la natura riprende possesso di ciò che gli appartiene, adagio nel corso degli anni copre con terra smossa e nuovi alberi quelle inutili ferite.
Trincee, camminamenti, postazioni, feritoie, casematte,li, lungo le coste di monti che mai hanno udito uno sparo. Ferite nella terra che sono risuonate di voci e del sudore di uomini per un inutile opera, trincee di guerra, lungo un confine di pace, scavate da uomini poi…. morti altrove.
Trincee
Canto
triste e stonato
ti levi
da quelle trincee
che, nel buio,
si snodano
lungo colline e valli.
Canto
racchiudi in te stesso
Canto
racchiudi in te stesso
ricodi lontani,
rimpianti,
dei giorni di pace.
Nelle note
che s’alzano spezzate
i volti, le strade, le case,
di tanti paesi
che aspettano.
Un bagliore, uno sparo
Nelle note
che s’alzano spezzate
i volti, le strade, le case,
di tanti paesi
che aspettano.
Un bagliore, uno sparo
sommesso un lamento.
Silenzio.
Lontano, qualcuno,
aspetta
Silenzio.
Lontano, qualcuno,
aspetta
il ritorno du un canto.
refusi
A imperitura memoriaultima modifica: 2009-04-22T22:29:00+02:00da
Reposta per primo quest’articolo
Un dolce canto alla pace!
Triste e’ sapere che non molto lontano non esiste pace!
Ti abbraccio e trascorri un buon fine settimana!
Quelle ferite nella terra credo siano il segno più evidente di quanto possa essere difficile sopportare un certo tipo di silenzio, un certo tipo di attesa. Che è tutto fuorchè serena, perchè la ferita in se stessa genera ansia, anche quando non sembra essercene ragione.
Più verde del previsto, ci pensa la Madre di tutti noi, a stendere l’oblio come un velo pietoso sull’umana storia.