Epitaffio
Sono nato,
ho vissuto la mia vita.
Ho pianto di dolore
ed ho sorriso.
Inutile fu il riso.
Vano il pianto.
Sciocco in quella vita
cercare la mia sorte,
giacché ora dormo
del dolce abbraccio
della morte.
Sono nato,
ho vissuto la mia vita.
Ho pianto di dolore
ed ho sorriso.
Inutile fu il riso.
Vano il pianto.
Sciocco in quella vita
cercare la mia sorte,
giacché ora dormo
del dolce abbraccio
della morte.
Una volta, uomo.
Ora
anacronistico essere
insoddisfatto
dall’ansia
perseguitato,
vivo
cercando il niente.
Vasi di Pandora,
velli d’oro.
Alle calende greche
forse
troverò risposta.
Novello Icaro
su metalliche ali inseguo
tracce di un sole perso.
C’è il sole nel cielo
c’è l’acqua nel mare
e ci sono io
che resto a guardare.
Poi, un sole splendente
si spegne nelle onde
e il mare nel buio
si frange su sponde
ed io che nascosto
nell’ombra che scende
resto lì, immobile
fra il vago e il cosciente
e i miei pensieri si muovono
dentro a un sogno tradito
il destino dell’uomo
è
come un fiore appassito.
Parlare di tutto,
di te, di me,
di noi.
Di ciò che saremo
o faremo.
Del tempo passato,
ormai perso.
Di cose vecchie
più di noi
e del mondo.
Cose vane.
Poi
cala il sole
e il buio rimane.
Dentro noi,
arido silenzio
Invertendo l’ordine dei fattori il prodotto… cambia, cambia.
Chi ha dato ha dato ha dato
chi avuto ha avuto avuto
il tempo ormai è finito
anche se sto ancora qua
Volgo il pensiero all’acque
volgo lo sguardo ai monti,
occorre essere pronti
per quando via si andrà.
L’unica cosa certa
che a tempo pieno o perso
ogni giorno un dolore diverso
mi ricorda in modo assai eccessivo
che sono ancora vivo.
Passi oltre
ignorando tutto quanto
ma dentro
nascosta al mondo
un anima disperata
piange.
Dove è il mio tempo?
Inutilmente interrogo il silenzio.
Dove è?
Dello ieri perso
nulla mi rimane.
Di mio solo ricordi.
Dove è?
Il domani non mi appartiene ancora,
e forse non mi apparterrà.
Dove è il mio tempo?
È forse nell’istante di un pensiero
che rapido consumo e perdo,
è già passato
è ieri.
Dove è il mio tempo?
Ho attraversato il mondo
in punta di piedi
cercando di non dar fastidio
più di tanto.
Ho visto la mia pelle
scurirsi al sole
i miei capelli
imbiancare al tempo, cadere.
Ho osservato il sole sorgere
perdersi nella luna
mille volte e mille volte ancora
senza che nulla cambiasse.
Ho raccolto la pioggia
nel palmo delle mani
come fossero le lacrime di un bimbo
o di un mondo intero.
Ho osservato muto
la folla aggredire il diverso
e ho dissentito, ma da lontano
lasciando che accadesse.
Ho sognato amori eterni
e vissuto amori effimeri,
ho abbracciato ideali
combattuto battaglie inutili.
Ho assimilato, in migliaia di passi
la ripetitiva costante
stupidità dell’uomo
negli stessi errori, negli stessi gesti.
Ho camminato su un infinità di strade
attraversato città e paesi
senza carpirne i segreti
dimenticando il senso del percorso,
e ancora oggi mi sto chiedendo
cosa farò da grande
C’era un dio sopra le scale
che guardava giù
Sotto c’era un animale
che guardava su
Poi improvviso sulla scena (a metà scale)
sei arrivato tu
Ora il dio e quell’animale
non ci sono più
Non più così,
non più.
Voglio andare,
riempire l’ansia,
gettare sabbia
negli squarci dell’anima
per saturare il tempo.
Non più così,
non più.
Non più spazi
fra stella e stella,
demolire le pareti
di falsi, lontani orizzonti.
Vedere.
Non più così,
non più.
Non più domande
soffocare il tumulto
di voci,
di false risposte.
Sapere.