Non io
Non voglio essere
l’ultima foglia sul ramo
ad implorare la grazia
di un soffio di vento.
No, non voglio
restare solo
a versare il mio pianto.
Per primo
voglio lasciare il mio ramo,
cadere,
agli altri
i ricordi ed i pianti.
Non voglio essere
l’ultima foglia sul ramo
ad implorare la grazia
di un soffio di vento.
No, non voglio
restare solo
a versare il mio pianto.
Per primo
voglio lasciare il mio ramo,
cadere,
agli altri
i ricordi ed i pianti.
Mutevole al vento
come autunnale foglia
che il ramo natio
riveste e poi spoglia.
Mutevole vita
irriverente foglia,
incerta stagione,
la farsa ed il dramma,
la calma e il monsone,
il ghiaccio, la fiamma,
l’odio e l’amore,
il giorno e la notte,
la gioia, il dolore.
Emozioni contratte
tutte dentro a un sospiro
in un soffio di vento,
dentro un piccolo giro
di attese e di sguardi.
Il tempo di capire
e ti accorgi che è tardi,
già ti tocca partire.
Hanno scritto di ideali
con vernici rosse e nere,
ammazzato tanta gente
all’ombra di bandiere,
su questa grande palla
che noi chiamiamo terra
il gioco preferito
sembra che sia la guerra.
Il dolore è una cosa normale,
una fiala verde di fiele
che iniettata fa male.
La gioia è una cosa casuale,
caramella ripiena di miele
di un momento venale.
La mia vita, un continuo ricorso
alle fiale, iniezioni dementi
a esaltare dolore e rimorso,
poi, a creare momenti
felici di gioia, il ricorso
a caramelle scartate
con mani tremanti.
Sembra solo una storia banale
ma da molto non ho più caramelle,
mi son rimaste soltanto le fiale.
Effimera,
l’illusione di una vita.
Vana
è la ricerca di una felicità,
piccoli istanti
rubati alla noia.
Occhiate di sole.
Squarci in cieli grigi.
Nella nostra anima
pioggia.
Il grande amore di ieri
oggi è già stantio.
Della risata allegra
spenta è l’eco.
Effimera
l’illusione di un domani,
come un salto nel vuoto
la vita attende
l’impatto col suolo.
Tu che sei là,
rispondi.
Chi ha forgiato
i nostri inconsulti gesti
in effimere gioie
e grevi dolori.
Chi, dei nostri
incomprensibili passi
(bave di lumaca
sulla sabbia del tempo)
è il macchinoso artefice?
Silenzio!
Là dove è andato
non c’è più voce.
Occhi fissi
persi su orizzonti finiti,
fra intersecarsi di mura
che limitano lo sguardo
a poche inutili cose
cerchiamo le risposte
a domande
che come palle da biliardo
rimbalzano fra quattro pareti
in assurde
geometrie impossibili.
Noi,
sonnambuli nei giorni,
noi
vaghiamo nelle notti
scordandoci di vivere,
noi.
C’ è sempre qualcosa
che ci ricorda qualcosa.
C’è sempre qualcuno
che ci ricorda qualcuno.
Un giro di vite
poi, un giro di vite
lo spazio riduce,
il tempo comprime,
ogni giro ripete
il medesimo corso,
vicina,
sempre più vicina
è l’ultima spirale.
Noi,
nati sconfitti,
noi
ci facciamo guidare
da chi deciderà
per noi.
Lunghe, le ombre
degli anni trascorsi
oscurano la strada.
Sparsi, come foglie d’autunno,
mulinellando al vento
aleggiano i ricordi.
Pungenti, i ricci dei rimorsi
feriscono le mani
al raccoglitore di castagne.
Solo dolori,
nelle nostre membra,
cordoglio nella nostra anima,
per una morte inutile
per una più
inutile vita.
Noi,
inutili, futili eroi
caduti in una guerra
di cui
non importava nulla
a noi.
refusi
Ricordi/
inutili.
Rimpianti/
vani.
Rimorsi/
tardivi.
Domani
un altro giorno
e
un altro ancora.
Uguali.
In noi il diverso
nasce solo nel sogno
trafitto
ogni volta
dall’irritante suono
di un eterna sveglia.
Ogni mattina
l’entusiasmo muore
soffocato
dal suadente abbraccio
di un indistruttibile abitudine.
Indizi
che il cervello non coglie.
Suggerimenti
acrostici irrisolti.
Volute di fumo
rapprese in gelidi antri.
Parole
gettate su spogli fogli.
Amori
dimenticati nel tempo.
Sangue
rappreso su labbri di ferite.
Grumi.
Appollaiati
sui nostri pensieri
come avvoltoi indecisi
veleggiamo
fra desideri e sogni,
incapaci
di spiccare il volo
nella realtà che il tempo,
in sommessi tic tac,
riduce
al nostro
ultimo giorno.