Timidezza
Negli occhi
la risposta
che la voce
non sa trovare.
Negli occhi
la risposta
che la voce
non sa trovare.
Ricordi
dentro una scatola di cartone,
foto screpolate
ingiallite dal tempo,
fogli sgualciti
su cui, a fatica
si scorgono tracce
d’inchiostro
che lottano
per non scomparire.
Rugose, tremanti mani
rovistano con cura,
togliendo e riponendo
ogni volta,
dietro e finestre ovali
stanchi occhi
osservano
e ricordano una vita,
vecchiaia.
Ascolti,
un pensiero
che ti sussurra in testa,
una nota dimenticata
risuona improvvisa
e ti sfiora l’anima
e poi
una lacrima.
Euforia
che ti riempie di nulla,
che ti fa ridere
di falsa gioia,
che ti fa dire
cose non vere,
che ti fa urlare
di falso coraggio.
Euforia falsa,
di amarezza impregnata,
priva di senso
appare poi
quando è passata,
rimani solo e vuoto
animo lacero e contuso
dagli ultimi fremiti
di un illusoria vita.
Dentro
muore un dio
e resta solo
un io
di raggrumata rabbia.
Chiazze di sangue
in arida terra
rappreso.
Cupo,
color di morte.
Sigari avana,
volute di fumo nella sera
l’acre sapore del rum,
giù nella gola
dita rattrappite
più non trovano lettere
sopra la tastiera
e non riescono a comporre
la parola,
canne di fucile
acciaio brunito
Cuba,
irraggiungibile e lontana.
Risuona nell’aria
come una preghiera
un ultimo, inudito
rintocco di campana.
Verranno,
non temere,
sicuramente verranno.
Da dietro l’angolo
o da lontani orizzonti,
dagli ospedali.
dai ghetti,
sollevando la terra
dove erano stati riposti.
Verranno,
non temere,
sicuramente verranno.
Correndo
camminando
strisciando carponi,
bimbi, donne, vecchi.
Urlando
il dolore della morte
riempiranno i tuoi sonni,
busseranno ai tuoi sogni,
saranno
i tuoi costanti incubi.
Verranno,
non temete,
sicuramente verranno
Piccolo mondo,
rimaste di te
le cose più tristi,
più amare, presenti.
Nude strade d’asfalto
bruciate e contorte,
campi aridi e brulli
deserti,
non più fecondati
dal sudore di uomini.
Città polverose
silenti di macerie,
ruderi
che racconteranno la storia
ai morti,
da che scoppiò su te,
piccolo mondo,
l’uragano d’ira
di pochi uomini.
e un giorno, mi alzerò che sarò morto
guarderò il mio corpo dentro al letto,
parenti stretti attorno a dar conforto
tutti compressi, sotto a quel soffitto.
Ricorderò le strade che ho percorso
amori, amici, tutto ciò che ho lasciato,
ma lo vedrò in modo assai diverso
come se fosse o non fosse il mio passato.
Ripenserò a ogni giorno che ho vissuto
cancellerò sia rimorsi che rimpianti,
trame recise di un logoro tessuto,
anche se ammetto che siano stati tanti.
Poi volgerò lo sguardo verso il cielo
annullerò, tutto quel tempo perso,
squarcerò quell’esiguo ultimo velo,
e me ne andrò, a scoprire l’universo
Ho cercato
una luce nel buio
che potesse
illuminarmi l’anima.
Ho cercato
una voce nel silenzio
che confortasse
tutte le mie paure.
Ho cercato
un fuoco nel gelo
che riuscisse
a scaldarmi il cuore
e…
ti ho trovata.