Se morire fosse
Se morire fosse,
spirito disperso
in tempo e spazio adagiato,
del fu e del poi
cosciente.
Perché
aspettare ancora?
Se morire fosse,
spirito disperso
in tempo e spazio adagiato,
del fu e del poi
cosciente.
Perché
aspettare ancora?
Tutt’al più
ti dirò qualche cosa
narrerò di una certa chimera
che a te possa
sembrare poi vera.
Ti dirò…
non so cosa
citerò qualche fatto,
tutt’al più…
tutt’al più starò zitto.
Tutt’al più,
ti dirò che ti amo,
(dentro a te
sarei carta ch’io menta)
ma lo dirò,
sol per farti contenta.
Mi hai ridato la mia libertà,
mi hai detto: “Vai!”
e sono andato.
Libero,
potrò nuovamente correre
su tutti i prati,
cogliere frutti da tutti gli alberi.
Libero,
di nuovo prenderò amore senza darne
amerò senza soffrire.
Cavaliere errante
in molti cuori lascerò il mio nome.
Libero,
libero e solo
come un cane senza padrone,
come un uccello senza ali,
come un uomo senza mete.
Libero di andare ma non di restare.
Libero, libero, libero,
dolorosamente, amaramente, inutilmente
libero.
Quale, fra i tanti dei,
il giusto?
Quale, delle leggende antiche
narrò il vero?
Quale uomo uccise
l’ultimo dio
e creò poi,
per tacitarne il ricordo,
la falsa immagine
di uno nuovo?
E noi stupiti, ci chiediamo
perché si è ucciso?
Ad est a ovest a sud a nord
l’eco degli spari scuote l’aria.
L’odore della polvere da sparo
pizzica le narici
frammisto all’odore del sangue.
Al nord al sud all’est e all’ovest,
migliaia di madri
piangono i loro figli
e molti figli non hanno
una madre per cui piangere.
A migliaia
muoiono
ogni giorno
per fame, violenza. Droga.
Gli orizzonti si coprono
dei fumi degli scarichi
mentre su luminosi schermi
appaiono
paesaggi da favola
(irraggiungibili sogni)
le finestre si affacciano
su strade
tappezzate d’immondizia
in cui acre aleggia
l’odore della miseria.
E noi
stupidi
ci chiediamo
perché si è ucciso.
Noi,
parassiti di un pianeta
preso a prestito
contempliamo un cielo
costellato
da inutili stelle
sconosciute e lontane.
Sognando
un improbabile futuro,
scordando il passato
distruggiamo il presente.
Tu c’eri,
grande madre,
da prima che creassero
il tuo nome
prima di ogni dio
e prima di ogni guerra.
Solenne e placida
vegliavi sull’evolversi
delle tue creature.
Misurata e lenta
nelle tua albe
nei tuoi tramonti,
dettavi i tempi
della vita, poi…
poi venne l’uomo.
L’uomo con i suoi dei,
le sua inestinguibile
sete di potere,
le sue guerre,
le sue morti,
le sue distruzioni,
e tu cadesti nell’oblio.
Ma ancora sei
seppur dimenticata,
continui imperterrita
il tuo corso
e ancora sarai
quando l’uomo
sarà solo un ricordo
o forse nulla,
tu, madre terra,
Pacha Mama.
Indietro torniamo indietro, torniamo a stringerci la mano ad ascoltare a parlare piano, prendiamoci di nuovo il tempo per sognare per chiudere gli occhi per pensare. Indietro torniamo indietro a... a quel sogno che non è mai stato, a quel tempo che non è il passato, indietro torniamo indietro. refusi
E’ successo una volta
per strada,
e la storia è finita,
è successo per caso
per strada,
e la rosa è appassita,
io
l’ho vista diversa, cambiata
di se stessa invaghita,
e così
da una splendida notte stellata
di una sera d’estate,
lei è diventata
una livida alba mancata
di un mattino invernale
quando il freddo è pungente
e fa male.
Quando resta soltanto
la voglia di stare
sotto calde coperte a sognare
di nuovo il ritorno
di un mese di aprile
con un più caldo sole
e di un nuovo amore
disposto a fiorire.
E di nuovo hanno chiuso le porte
ad un cuore pedestre
un cuore da circo equestre
disposto a rischiare
e da sempre intento a viaggiare
sulle onde
di un mare inventato,
sulla schiuma di un fiume sognato,
fra montagne coperte di abeti
e fra cime innevate,
sulle note di dolci canzoni
cantate, solamente col cuore
perché un groppo
ti chiude la gola e la voce
non vuole passare.
E ora cerco di nuovo una strada
una nuova fortuna, un paesaggio di luna
che mi faccia di nuovo sognare
ritrovare la voce e cantare
a due occhi di bimba sgranati
a guardare il mio viso,
e io possa di nuovo tornare
ad amare un sorriso.