Feb 1, 2008 - racconti brevi    16 Comments

Settimana bianca – Incontri ravvicinati di un certo tipo

parte prima

db825841ce78b76e4342e7634987c038.jpg
(San Cassiano, sullo sfondo le Odle)
Chi come me ama la montagna e lo sci potrà capire quanta importanza possa avere la settimana bianca. Se poi la precedente, si mi riferisco a quella effettuata la stagione prima è stata eccezionale, già al rientro ci si pone immediatamente ad organizzare quella per l’anno successivo, se è stata mediocre a causa del tempo, ci si pensa comunque in un’ossessiva speranza di rivalsa ed è con questo spirito che ci si approssima alla nuova partenza, sempre più impazienti tanto più la fatidica data si avvicina. Finalmente il giorno è arrivato, non è stato necessario il suono della sveglia a scaraventarci fuori dal letto, già da tempo si osservava sott’occhi, nel dormiveglia fra le fessure delle tapparelle, lo schiarire del cielo, come bimbi in attesa dei doni la notte di Natale. Tutto è già predisposto, scarponi e sci caricati in macchina dal giorno prima, le valigie pronte accanto alla porta d’ingresso, gli abiti da indossare disposti accuratamente sulle sedie del soggiorno, ci si alterna velocemente in bagno e poi via si parte, si parte per quell’avventura ripetuta ad ogni inverno da anni, ma sempre nuova, sempre con la medesima carica di entusiasmo, si va a sciare. Si è scelto la domenica per partire, le autostrade sono trafficate, ma l’assenza del traffico pesante le rende più scorrevoli e la voglia di schiacciare sull’acceleratore è forte e solo il rischio di una salata contravvenzione mi trattengono dal superare quel fatidico limite. La montagna è là, con le sue piste innevate, con i suoi rifugi accoglienti, con i suoi panorami da favola, è la e ci aspetta, non dobbiamo farla aspettare. L’autostrada sembra non finire mai, ma è solo una sensazione dettata dalla nostra ansia, del nostro desiderio di giungere in quel luogo, ed ecco che puntualmente dopo alcune ore appare il cartello che indica il casello di uscita, abbandoniamo la noia dell’autostrada e ci addentriamo lungo le strade che percorrono le valli, attorno a noi le montagne si alzano a limitare il nostro sguardo tra il verde cupo dei pini ed il bianco delle nevi e su in alto il blu di un cielo terso, siamo quasi arrivati, ancora pochi chilometri e saremo a destinazione. Il cartello che indica Val Badia compare improvvisamente alla nostra destra, rallentiamo; fra pochi metri attraverseremo il ponte che scavalca il Rio Pusteria e ci inoltreremo per la valle, una serie di gallerie  accompagneranno  il nostro cammino su, sino al bivio che segnala la deviazione per San Vigilio.  Noi proseguiamo ancora su verso Picolin, dove ci fermiamo per prendere un caffè e per fare gli ski pass settimanali alla nuova stazione della cabinovia che collega la Val Badia con San Vigilio e con il comprensorio sciistico di Plan de Corones. La signorina che ci attende allo sportello è bionda e sorridente, alla mia richiesta dei due settimanali di cui uno senior (scontato), scuote il capo e scoppia in una risata, “Sempre voglia di scherzare voi” cantilena nel particolare italiano del luogo ed è solo a fatica e con l’ausilio della carta d’identità che riesco a convincerla che, anche se per una questione di mesi, non stavo affatto scherzando. Controlla, mi guarda, sorride ancora e mi chiede scusa, ma di che, forse non si rende conto di avermi fatto un complimento, o forse sono io che non mi rendo conto di come faccia solo parte del gioco. Torniamo in auto e ripartiamo, la strada si snoda in curve a tornanti e ci porta su, ecco il cartello che indica “ Alta Val Badia  – Begn Udus “ benvenuti,  superiamo La Valle, Pedraces e poco dopo iniziamo a scorgere i primi impianti di risalita, sono da poco passate le due, la gente affolla ancora le piste e la vediamo scendere verso le seggiovie. La voglia di bloccare la macchina, parcheggiare, indossare le tute, calzare gli scarponi ed infilare gli sci ai piedi è tanta, ma ci tratteniamo, abbiamo tutta le settimana davanti, domani diciamo, domani anche noi saremo lì. Così alle tre del pomeriggio giungiamo a La Villa, nostra destinazione, più avanti sulla destra la strada prosegue per Corvara, Colfosco e poi ancora su verso il passo Gardena che la collega con l’omonima valle. Mentre a sinistra la strada sale verso San Cassiano per inoltrarsi poi oltre il Passo di Valparola e il Falzarego sin giù verso Cortina. E’ presto per andare subito nell’appartamento pertanto decidiamo di andare a bere qualche cosa più avanti, dopo San Cassiano e di fermarci in quella piccola baita a lato delle piste da fondo sotto l’Armentarola, dove d’estate abitualmente facciamo tappa a bere un caffè prima di addentrarci nei boschi alla ricerca dei funghi e poi più tardi al rientro, distrutti dalla fatica, per riposarci davanti ad un piatto fumante di polenta formaggio e funghi o spezzatino di capriolo. Entriamo, il rifugio è affollatissimo, come le piste del resto, la neve è tanta e bella e la voglia di addentrarsi nei boschi sopra a degli sci da fondo o a delle racchette da neve in una giornata di sole coinvolge molta gente. La signora ci vede e ci riconosce. Ci viene incontro e ci saluta calorosamente, chiede come mai da quelle parti, conosce la nostra predilezione per lo sci alpino e lì nei pressi non ci sono impianti di risalita, solo per un saluto e bere qualche cosa rispondiamo. Si libera un tavolo e ci accomodiamo, una birra ed un the, poi dopo una mezz’ora, salutiamo la signora, ci diamo appuntamento per la prossima estate e risaliti in macchina ci dirigiamo verso il residence dove da alcuni anni affittiamo, sia l’estate che l’inverno, l’appartamento. La signora che lo gestisce ci accoglie calorosamente come sempre e  ci accompagna per sincerarsi che l’appartamento assegnatoci sia in ordine e di nostro gradimento. Sono passate le quattro ormai e siamo stanchi, pertanto scaricati i bagagli e fatta una doccia veloce ci buttiamo sul letto un paio d’ore per riposarci prima di uscire la sera a cena. Sono le sette quando ci alziamo, decidiamo per una pizza veloce e scendiamo alla pizzeria che dista solo pochi passi dall’albergo. Fanno una pizza favolosa, non so da cosa dipenda,  dall’acqua o forse dai prodotti, ma non ha nulla da invidiare a quella che fanno a Napoli ed è sicuramente di gran lunga superiore a quella che ultimamente si mangia dalle nostre parti. La pizzeria è affollata, ma riusciamo comunque a trovare un tavolo. Ordiniamo e per ingannare l’attesa ci facciamo portare delle bruschette, ci ricordiamo al momento dell’assaggio che anche da queste parti l’aglio viene utilizzato in modo robusto. La birra grande alla spina è finita prima che giunga la pizza, ne ordino un’altra, la mia intendo in quanto mia moglie si disseta semplicemente con dell’acqua minerale e con la seconda birra arriva anche la pizza, ottima come sempre. Rientriamo nell’appartamento che sono quasi le dieci, un rapido sguardo alla tv, come al solito nulla di interessante, decidiamo quindi di coricarci. Non so per quale ragione ma in montagna il sonno mi coglie sempre molto prima, credo sia dovuto in parte alla stanchezza ed in parte all’inconscio desiderio che giunga subito il mattino per essere là, pronto con gli sci sulle piste, e si sa che dormendo il tempo passa più in fretta. Si va a dormire, domani si comincia.
                                                                                           refusi
Gen 26, 2008 - poesie    10 Comments

dedicata a una ragazza ritrosa

(ovvero ricordi di gioventù)

fda6e2dec3aa005cc6a8a9803e02e82c.jpg

 

Non far la ritrosa,
non dir che è peccato
che non si può cogliere
quel frutto proibito.
Ti piega le spalle
quel peso ancestrale,
su, scrollati via
l’antica morale.
Te la porti addosso
e ti pesa, ti pesa
quel vago sentore
d’aria stantia di chiesa,
e resti legata
al concetto sbagliato,
che fare l’amore
sia un brutto peccato.
Non star lì impalata,
scavalca quel fosso
e lascia che il vento
ti razzoli addosso,
con l’alito fresco
le sere d’estate
possa farti fremere
la carni accaldate.
Lascia che Cupido,
il dio dell’amore
colpisca col dardo
infuocato il tuo cuore.
Lascia che i suoi occhi
non siano mai stanchi
di bere estasiati
al tuo seno e ai tuoi fianchi.
Che fare l’amore
non è cosa proibita
ma il canto più dolce
innalzato alla vita.
                     
                                                                       refusi

Gen 23, 2008 - racconti brevi    5 Comments

Il raduno degli dei

Premessa

Innanzi tutto vorrei precisare che in questo scritto non vuole esserci assolutamente nulla di irriverente nei confronti di nessun essere superiore ne dileggiare alcuna fede, solo si limita a prendere in considerazione in forma metaforica, quello che è stato e che è tutt’ora il comportamento, di alcuni, troppi, loro proseliti.

 

9223829bfcfe62db3fa5dcb529923301.jpg

Erano passati duemila anni dall’ultimo raduno, un eternità  secondo il calcolo umano del tempo, un inezia invece se considerati dal punto di vista di chi, come loro, era immortale e Buddha, presidente di turno in carica, decise che fosse tempo di indire una nuova riunione per eleggere il presidente che sarebbe rimasto in carica per i successivi duemila anni e per programmare le sorti del mondo che era stato loro affidato. Pertanto si apprestò a convocare tutti gli altri dei e si diresse immediatamente verso il luogo prefissato per l’incontro, visto che fra dei la convocazione aveva il carattere immediato e rimase ad attendere gli altri. I primi a giungere furono gli indiani, Brhama Siva e Visnù seguiti a ruota da un Manitou più rosso del solito, anzi per la verità risultava essere incazzato nero, poi più nessuno, Buddha malgrado la sua grande calma cominciava a spazientirsi, che fine avevano fatto gli altri? Non era mai successo prima di allora che ci fossero stati ritardi. Quando ad un tratto sopraggiunsero due figure nuove.

“E voi chi sareste?” chiese incuriosito Buddha.
“Dio” risposero all’unisono.
“Anch’io” ripeterono poi ancora contemporaneamente guardandosi in cagnesco.
“Andiamo per ordine”, intervenne allora Buddha, si presentò, presentò gli altri dei indiani che avevano assistito all’arrivo, poi rivolgendosi al primo chiese “Tu chi sei?”

“Io sono Dio/Allah”, rispose l’interpellato.
“E tu?” fece poi all’altro.
“Io sono Dio/Dio” rispose quest’ultimo, “Anche se, – aggiunse – in passato anch’io ero conosciuto come Allah da alcune popolazioni, anzi una di questi mi chiama ancora così, oppure Geova”
“Oh Cristo” fece allora spazientito Dio/Allah.
“No, quello è mio figlio” , precisò allora Dio/Dio/Allah/Geova
Buddha, ebbe il sospetto che questo nuovo dio avesse preso qualche difetto dagli dei greci e sovvenendosi allora della loro assenza come di molti altri chiese:
“Ma che fine hanno fatto tutti gli altri dei? Dove sono Giove e la sua  corte? Osiride ed Iside, Odino Ball e tutti gli altri?
“Emigrati altrove” , affermarono in coro Dio/Dio/Allah/Geova e Dio/Allah.
“E Quetzalcoatl, il serpente piumato?” insistette ancora Buddha.
“Esiliato. – rispose Dio/Dio/Allah/Geova – era solo un dio crudele, pretendeva sacrifici umani e poi – aggiunse – ho sempre odiato i serpenti.”

“Ed il suo popolo?”
“Convertiti “
“Tutti?”
“Tutti quelli che hanno accettato”

“E degli altri che ne è stato?”
“Sacrificati al loro dio quale dono di commiato”.
“Me ne vado anch’io, – fece proprio in quel momento Manitou che sino ad allora era rimasto silenzioso in disparte, – questo figlio di……..Dio, mi ha quasi sterminato in intero popolo, e……
“Padre, prego” interruppe Dio/Dio/Allah/Geova.
“…e credo che accetterò l’invito di Mercurio e Marte per andare a sciare alle Pleiadi” concluse Manitou, si allontanò dal gruppo con passo spedito e scomparve, seguito dallo sguardo  di Dio/Dio/Allah/Geova che non si curava affatto di nascondere un  sorrisetto di soddisfazione.

A quel punto Buddha, constatata l’assenza degli altri dei e la defezione di Manitou diede inizio con i presenti alla riunione ponendo all’ordine del giorno l’elezione del nuovo presidente che sarebbe rimasto in carica sino alla prossima sessione e che per il corso dei successivi duemila anni avrebbe impartito le direttive.
Secondo le regole il nuovo presidente avrebbe dovuto essere eletto in  base dell’importanza raggiunta della religione da lui rappresentata in quel periodo sul pianeta, e qui sorse la disputa fra Dio/Allah e Dio/Dio/Allah/Geova. In quanto il primo chiedeva che le religioni venissero considerate sulla base degli adepti che le praticavano, mentre Dio/Dio/Allah/Geova chiedeva che la valutazione fosse fatta sulla base delle aree geografiche sulle quali le varie religione si erano diffuse, contando sul fatto che esistevano molte regioni dove le altre religioni erano praticamente inesistenti.
Buddha, prese nota delle richieste, le mise a verbale e visto che si era fatto tardi decise di aggiornare la seduta al giorno successivo e si appartò con gli indiani per dedicarsi al consueto pocherino. Rimasti soli Dio/Dio/Allah/Geova e Dio/Allah decisero di soprassedere al loro contenzioso e di dedicarsi a loro  volta ad un passatempo, disposero a terra uno scacchiere, sistemarono i loro pezzi e si apprestarono ad iniziare il gioco, Buddha che in quell’attimo passava li osservò un attimo e poi non conoscendo il gioco incuriosito chiese “Di che gioco si tratta?” , – “ Risico” risposero entrambi ancora una volta all’unisono. Buddha allora li osservò giocare per alcuni istanti, poi rabbrividendo si chiese” Ma staranno veramente giocando?”
                                                                                                              refusi

Gen 20, 2008 - pensieri    10 Comments

Questa settimana sarò assente

abb427bb2b48654c2366a86285474c3b.jpg

e mi dispiace un sacco davvero, mi spiace non poter essere presente in forum ed in blog, mi rincresce di non poter leggere i vostri post, i vostri messaggi, i vostri commenti, i vostri saluti. Cercherò di preparare qualche cosa che venga postato automaticamente nel corso della settimana, così non mi sentirò poi così lontano e avrò l’impressione di essere sempre qui con voi, mentre io sarò là. Sì là sopra in quel posto che vedete.

b058bb16be465b6e0176de909205cac7.jpg

Pensate che vi immaginerò intenti nel vostro lavoro, poi tutti presi a raccontarvi nuove storie, a scambiarvi nuovi pensieri e consigli e io non ci sarò, perché sarò là infreddolito sopra ad una seggiovia che sale, od accaldato mentre con gli sci percorro una pista che scende a valle.

648e594423ffe14bddce8a7964690241.jpg

 

 

 Vi immaginerò salutarvi ed augurarvi il buon appetito nella pausa pranzo mentre io sarò seduto alla Scottoni
a gustare un piatto di polenta e formaggio

33c12b1e35e2c75babe245347fe059d1.jpg


oppure alla Punta Trieste chino su un tegame caldo e fumante di spaghetti alla carbonara.

7630d50bbaa19f92d94fced2e6f446e8.jpg

Ma vi assicuro che la sera, mentre  faticherò nel percorrere le ultime piste, il mio pensiero sarà ancora rivolto a voi seduti calmi e tranquilli nei vostri uffici o nelle vostre case.

8c0a22ed01fdb50724e85937735e9377.jpg
Ciao tantissimi saluti ed una buona settimana a tutti voi.

                                                                               Ci sentiamo presto   refusi

 

E non mandatemi accidenti che se mi rompo vi faccio causa

Gen 18, 2008 - poesie    5 Comments

Dissertazioni

Amore?

9d18b1bf77804cca946ed31c5a062ce3.jpg

 

Una volta,
dal pensiero senza tempo
dell’uomo senza anni
nacque l’amore.
Ma cosa è, come è
l’amore?
E’ rosso? E’ verde?
E’ luminoso o oscuro?
Amore dolce e tenero,
triste e malinconico
di corpi lontani.
Selvaggio e passsionale
di desideri e voglie,
amore sensuale.
Amore! Amore!
Gaio o doloroso
tenero o crudele.
Amore,
ridotto a mercato
sotto a fioche luci
di lampioni
su sporchi marciapiedi,
Condito di giochi strani
per sedare
insaziabili voglie
che la noia accumula
nelle menti stanche.
Amore
Amore plagiato
osannante a Lesbo
o sorridente
al compiacente Trimalcione
dalla pendule gote.
Amore perfetto,
non soffrir per nessuno
Narciso
amò se stesso.

                                           refusi

Gen 15, 2008 - poesie    7 Comments

Offerta di lavoro

e0f838057f80518406b3b426efe91ffd.jpg
Si offre:
creatore
creativo
creato
poeta
paroliere
parolaio
buffone di corte
e di cortile
a tempo pieno
a tempo perso
perso nel tempo.
Soffre
                            refusi

 

 

Gen 10, 2008 - racconti brevi    14 Comments

Nato col cappello

19543838e24c833b0af924bd99a09184.jpg

Credo che tutti voi già leggendo il titolo abbiate qualche cosa da obiettare, nato col cappello? Ma da quando questa espressione è entrata nell’uso comune? Da mai, nato con la camicia, vi verrà da suggerire, questo sì, questo lo si sente dire spesso in riferimento a delle persone che dalla vita hanno avuto tutto ma che hanno saputo apprezzare e valorizzare questo fatto. Beh no, lui no, per lui non era così, lui era nato col cappello. Era uscito dalla tana in una fresca mattina primaverile e mai avrebbe voluto farlo, si stava così comodi là dentro, caldi, rilassati,  nutriti senza sforzo alcuno, senza nessuna fatica, lontano da qualsiasi impegno o confronto. Ma suo malgrado era stato costretto ad uscire, forzato, spinto e subito fuori senza che nessuno avesse provveduto a sculacciarlo, come solitamente avviene secondo la prassi, aveva subito e chiaramente manifestato il proprio disappunto. Il luogo non gli piaceva, non gli piaceva nessuno di quegli esseri che soddisfatti e sorridenti si affaccendavano attorno a lui e ancora meno gli piaceva quella che in particolare lo osservava con un sorriso grande e che già immaginava di crescerlo,  accudirlo amorevolmente, viziarlo e coccolarlo. No, non gli piaceva, ma immediatamente capì che la soluzione, stava tutta là un quel sorriso raggiante,  in quello sguardo e decise così di ricorrere al cappello. Sì signori, per quanto a voi possa parere strano quel bimbo era venuto al mondo col cappello, no non in testa. In testa come tutti i bimbi appena nati aveva solo pochi e radi capelli, il cappello lo teneva gia stretto saldamente in mano, aspettava solo il luogo adatto per poterlo appendere. Crebbe fra amorevoli cure mai apprezzate, viziato e coccolato oltre ogni dire, insoddisfatto, altro lui chiedeva alla vita, lui lì non avrebbe voluto esserci quindi riteneva di essere creditore nei confronti di quanti in quelle condizioni lo avevano posto, altrui era l’obbligo di rendere la sua vita piacevole e riposante, il suo cappello ora era là, appeso all’appendi abiti infisso alla parete e là sarebbe rimasto sino a quando a lui avrebbe fatto comodo. Crebbe senza amici, non tollerava, naturalmente ricambiato, nessuno degli altri bambini, così frenetici, rumorosi, allegri, non amava i loro giochi, le loro corse le loro risate, le giudicava un inaccettabile ed inutile spreco di energie, lui trascorreva il suo tempo lesinando su tutto anche sul respiro. Non frequentò mai una scuola statale, sin dalle elementari la sua educazione fu affidata a seri e compassati preti che gestivamo un collegio privato, là dentro lui crebbe protetto, lontano dal clamore della strada, dai giochi violenti e rumorosi degli altri bambini, dal rischio e dalle competizioni. Là lui appese un’altra volta il cappello, dedicandosi svogliatamente agli studi, giusto quel tanto che sarebbe bastato per conseguire la promozione all’anno successivo, sino a raggiungere così senza colpo ferire la licenza media. Raggiunti i quattordici anni lasciò il collegio e tornò a riappendere quel cappello all’appendi abiti che lo aveva visto crescere, tornando fuori fra quelle strade e fra quella gente che mai aveva saputo apprezzare. La cosa naturalmente a lui non piacque per nulla, lì si doveva combattere, ci si doveva confrontare, il pane da portare alla bocca lo si doveva guadagnare giorno dopo giorno, quella vita non faceva per lui, lui aveva il cappello ed ancora una volta opportunamente vi fece ricorso. Decise di entrare in seminario, là nessuno avrebbe potuto attaccarlo ferirlo, ostacolarlo in quel cammino di facile sopravvivenza che, grazie al cappello, si era scelto.

8d73f6a8059526d56b34eca9fc367fcb.jpg

Purtroppo per lui non aveva considerato una cosa, il desiderio, sì quello spiritello che malgrado la protezione dell’abito nero che già indossava quale seminarista, malgrado il cappello saldamente appeso alla parete della camerata,  quello spiritello si era impossessato di lui stravolgendo il suo quieto esistere, i suoi piani futuri, rendendo precario l’appoggio del cappello alla parete. Fu allontanato dal seminario alcuni anni dopo, proprio alla soglia della sua consacrazione a sacerdote. Il fatto non fu mai accettato dalla madre che già pregustava la nomina del figlio a sacerdote e la gioia di  poter sfoggiare presso le amiche quel figlio prete.  Da quel giorno non mancò mai di rinfacciare al figlio la sua delusione, il suo dispetto, la frustrazione per quello che lai riteneva un affronto fatto al buon nome della  famiglia. Per un attimo era rimasto col cappello fra le mani, ricollocato su quella strada,  in quel mondo che lui non amava e nel quale sarebbe stato costretto vivere. Mestamente appese nuovamente il cappello sull’appendi abiti della parete di casa, e si accinse tramite conoscenze  a cercare un lavoro che avesse potuto garantirgli la sopravvivenza, così sempre grazie al cappello ed alla raccomandazione di quegli stessi che lo avevano allontanato dal seminario ma che bonariamente avevano deciso di aiutarlo nella vita. Grazie alle loro raccomandazioni appunto, fu assunto all’interno di una struttura statale, in un impiego di incerte ed indefinite  funzioni ma che gli garantiva  uno stipendio fisso ad ogni fine del mese, anche qui trovò subito il modo di primeggiare raggiungendo in breve tempo il record sull’assenteismo. Ma il cappello era nuovamente lì, saldamente appeso alla parete e sempre grazie a raccomandazioni ed a conoscenze riuscì  ad evitare anche quel servizio militare che da tempo disturbava i suoi pensieri e le sue notti, allontanando ancora una volta il rischio di qualsiasi confronto. Gli anni passavano, la sua posizione per quanto assolutamente comoda all’interno di quella struttura rimaneva immutata, tollerata, mentre in casa la situazione stava cambiando. Quella figura che nei tempi passati lo aveva amorevolmente cresciuto, ma che ora, pur continuando ad accudirlo,  lo guardava  quasi con disprezzo, stava velocemente invecchiando e l’appoggio del cappello alla parete stava diventando sempre più instabile. Occorreva trovare una soluzione rapida, una soluzione che gli consentisse di appendere il cappello in una posizione più sicura, duratura e che nel medesimo tempo gli permettesse di soddisfare, almeno temporaneamente, quel desiderio che ancora come un tarlo lo rodeva dentro e che rendeva insicura la sua voglia di stabilità. La soluzione gli si presentò poco tempo dopo, incarnata in una donna che aveva avuto modo di conoscere tempo prima, belloccia, lavoratrice, benestante e che provava una certa attrazione nei suoi confronti. La decisione di approfittare dell’occasione e di accasarsi fu immediata ed il cappello tornò ad essere stabilmente e sicuramente appeso ad una parete. Passarono molti anni ed il trascorrere della vita continuò a svolgersi nel medesimo monotono tran tran, il solito lavoro,  o meglio il solito non lavoro, non era mai progredito nel corso di tutti quegli anni in cui si era distinto solo nella costante diminuzione della produttività e nell’ aumento progressivo delle ore di assenza. Il solito squallido menage familiare, con una compagna inacidita dagli anni e dalle fatiche ma comunque fedele e quel suo desiderio sempre presente, inappagato e privo di sbocchi. Ora cominciava ad invecchiare, i capelli ormai praticamente scomparsi dalla fronte faticavano, malgrado le continue tinture, a mantenere il colore originale, una  vita sedentaria priva di qualsiasi attività, di sport e di movimento, lo aveva appesantito, quasi sformato e l’adipe pronunciata debordava dalla cinta dei pantaloni. Dalla parete il cappello osservandolo cominciò a pensare come fosse ora di trovare un nuovo padrone.

 

                                                                                                                                 refusi

Gen 3, 2008 - poesie    9 Comments

Capodanno………….

Capita spesso in questo giorno di ripetere puntualmente i propositi che di anno in anno si presentano puntuali e pressoché identici, ma capita anche di rincorrere dei ricordi, di risalire a capodanni lontani, magari vicino alla nostra adolescenza o poco più, ad anni diversi per situazioni ed aspetti. Anni in cui ci si innamorava di quella ragazzina bionda o mora, compagna di classe, conosciuta al lido, o incrociata tutti i giorni lungo la strada. Quella che ci salutava con uno sguardo e con un sorriso, quella che ci strozzava le parole in gola tanto da impedirci di pronunciare un semplice ciao, quella con cui avremmo voluto solo e semplicemente camminare, mano nella mano lungo una strada qualsiasi. Ma questa era una situazione che a quei tempi, non eravamo così svegli come i ragazzini di oggi, sotto certi aspetti eravamo un po’…. ritardati e non so dire se questo fosse un male od un bene, comunque stavo dicendo a quei tempi salvo sporadiche, molto sporadiche, avventurette di altro genere e tutte alquanto raffazzonate e confuse, la sitiuazione più difffusa era questa, dentro alla nostra testa erano  sempre presenti due occhi ed un sorriso che ci facevano sognare, che ci ispiravano le prime malinconiche poesie che ci facevano scrivere d’amore, naturalmente di un amore non corrisposto visto che allora sembra si usasse così…………………..

 

 

bc78d0a1dee02a5ffca110ef3c14af84.jpg

 

Ora voglio ricordare una ragazza e quel ragazzo che nei remoti 1971/72 così scriveva:

 

 

31 Dicembre 1971

Ultimo giorno dell’anno,
festa privata a casa mia
per festeggiar la fine,
io, e
le mie tre donne.
Attorno a una tavola imbandita
abbiamo ricordato,
riso e pianto
io, e
le mie tre donne.
Poi
non abbiamo saputo
aspettar la mezzanotte
anzitempo,
abbiam levato i calici
e brindato
e poi
di corsa a letto,
io, e
la mie tre donne
a festeggiar la fine,
stretti
in un solo abbraccio,
io, e
la mie tre donne.
Io,
la mia tristezza,
la mia malinconia
e la tua immagine.
                                              

                                                                                   Refusi

1 Gennaio 1972

Primo giorno dell’anno,
cieli grigi di pioggia
rispecchiano
il mio umore.
Anno nuovo,
voglia di cambiare.
Voglio licenziare
senza troppi patemi,
le mie tre donne,
silenziose compagne.
La tristezza,
oh la tristezza  sì,
l’annegherò
nei fondi di bicchiere.
La malinconia
la rivestirò di neve
disegnando il volto
di un sorriso stralunato,
perché così ferita,
non voglia più tornare.
Ma la tua immagine,
che ne farò
della tua immagine?
Certo non potrò
annegarla nel vino,
che i fondi di bicchiere
come maligne lenti
la restituirebbero
più vivida e più grande.
Ne potrò
rivestirla di neve
che il tuo calore
scioglierebbe
come un sole d’aprile.
Potrei nasconderla,
forse,
dentro altri corpi
e cancellare con loro
il tuo sorriso.
Ma finirei, poi
per chiamarli col tuo nome.
                                                               

                                                                          refusi

 

 

Dic 31, 2007 - poesie    7 Comments

Ideale

548f00c3c93ab17bc8ca0f8524a0ffbc.jpg
Sapere che esisti
ed amarti.
Tristezza,
di un amore buio,
non sai che io esisto.
Amarti
e sentirsi morire.
Sapere
e non poterti parlare.
A che vale.
Saggezza o paura
fuggirti.
Ti cerco, ma
non ti voglio trovare.
                                                                 refusi
Pagine:«1...51525354555657...65»