Lo stridio della neve alle spalle, mi giunge nitido alle orecchie, il tempo di realizzare cosa stia per accadere, il tentativo disperato di scartare di lato cercando di intuire la direzione, ma è già troppo tardi. Mi ritrovo lungo stirato per terra, la faccia affondata nella neve, una gamba piegata sotto con lo sci agganciato, mi ci vuole qualche istante per realizzare quanto sia successo, alzo gli occhi un attimo per visualizzare la figura di una donna in tuta bianca e gilerino giallo che, senza nemmeno voltarsi a guardare, prosegue nella sua corsa. “Fermati, fermati, fermati cretinaaaaaaaaaaaaaaaaaaa “ l’urlo mi esplode dalla gola, mi risuona nella testa e per un attimo sembra che l’eco si diffonda rotolando lungo la valle. Mia moglie mi si è affiancata preoccupata, “Come stai?”, mi chiede, “Bene, – le rispondo trafelato – rincorrila, dai fermala, vai”, “E tu?”, “Io sto bene vai, mi sistemo e arrivo”. Nel frattempo attorno si è formato un gruppetto di persone, chi mi porge il berretto, chi gli occhiali, un altro si avvicina con lo sci e la racchetta mancanti, sono stranieri, tedeschi, mi guardano, scuotono la testa e indicando verso valle uno di loro commenta “Kriminale, polizei”, sorrido li ringrazio, sistemo occhiali, berretta calzo lo sci e come un forsennato riprendo la pista alla ricerca di mia moglie e di chi mi ha travolto. La raggiungo a fine pista, mi vede arrivare e mi segnala con la mano la tizia in tutta bianca che sta facendo capannello con un folto gruppo di altre persone, “Slavi – dice – mi ha risposto, io non capire”. Mia moglie coglie al volo l’espressione del mio volto e mi si para d’avanti, sono esasperato, lei se ne rende conto e cerca di trattenermi, “Fai attenzione – mi dice – non sai quali reazioni puoi provocare” Cerco di calmarmi un attimo, poi mi avvicino la guardo e chiedo spiegazioni cercando di farmi capire, il suo gruppo le si serra attorno, mi guarda e mi risponde, “Io non capire”. Sono come una pentola a pressione a cui si sta rompendo la valvola, mentre mia moglie mi blocca per la manica, anzi si vede costretta a tirarmi all’indietro per impedirmi di saltarle addosso, “Capisci – le rispondo – capisci benissimo”. Fa un sorriso che sembra una smorfia e aggiunge “Deutsch, spreken deutsch”. Mi guardo attorno, poco distante scorgo un addetto agli impianti, gli faccio un cenno, mi si avvicina e spiegandogli l’accaduto gli chiedo di fare da interprete con la signora, lui si presta gentilmente. Così dopo avere confabulato per qualche minuto si volge verso di me e dice “ Scusi, ma la signora afferma che la colpa è sua”, prevedibile penso, “ E sì, – ribatto – chiaro che la colpa è mia, non avrei dovuto trovarmi sul suo percorso. Gli chieda come mai se la colpa era mia, io sono finito disteso e lei ha continuato tranquillamente la sua corsa. Anzi gli chieda perché, ragione o torto, non sì è fermata per verificare l’accaduto e controllare se eventualmente mi fossi fatto male”. Silenzio, alla domanda tradotta dall’ addetto, non giunge alcuna risposta, solo lo sguardo vaga sulle facce di quanti gli stanno attorno chiedendo sostegno. In quel momento mi sento tirare per la giacca, è mia moglie che nel frattempo si era allontanata che ora è tornata accompagnata da due carabinieri, avendoli visti arrivare con la motoslitta si era affrettata a chiamarli pregandoli di intervenire. Spiego nuovamente loro l’accaduto, sono locali e parlano correttamente sia l’italiano che il tedesco, si rivolgono nuovamente alla tizia in questione chiedendo spiegazioni e a questo punto l’atteggiamento cambia. Dopo avere lanciato degli sguardi a quanti l’accompagnano, risponde che no, che non è stata lei, che l’ho confusa con qualche altra, che lei e gli altri erano tutti quanti al bar a bere e che erano appena arrivati, che dell’incidente non ne sa nulla, con gli altri che fanno cenni affermativi con la testa per confermare. Vedo la faccia sorpresa dell’addetto, che guarda i carabinieri con aria sconsolata all’allargando le braccia, ascolto i carabinieri tradurmi la nuova versione di quella signora, mentre dalle labbra strette sfugge mi un “Brutta stronza deficiente”. mentre nella mia mente l’immagine delle mia mani strette attorno al suo collo e dei suoi occhi che strabuzzano contribuisce a sbollire la mia rabbia. I carabinieri mi guardano imbarazzati, facendo finta di non avere udito, “Vuole sporgere denuncia ?”, mi chiedono. Improvvisamente mi sento svuotato, so comunque, come ho avuto modo di verificare in passato, che anche una denuncia in questo caso non avrebbe alcun seguito e all’apparenza non mi sono fatto nulla, “No – rispondo – non avrebbe senso”. Saluto, ringrazio e mi allontano, meglio dimenticare in fretta l’accaduto. Riprendiamo l’impianto che ci porterà nuovamente al Piz de Plaies, discutendo tra di noi sull’accaduto e con qualche battuta arriviamo persino a riderne. Siamo quasi giunti in cima, l’intenzione è quella di affrontare la discesa, ma rimane solo un intenzione. All’arrivo della cabinovia mi appresto a scendere le racchette nella destra, prendo gli sci con la sinistra e un mezzo moccolo mi esce dalle labbra mentre trattengo un urlo di dolore. Mia moglie si volta mi guarda, mi chiede che cosa abbia. Passato l’attimo, cessata la rabbia, i muscoli rilassati e raffreddati cominciano a reclamare per l’impatto non richiesto, la spalla fa male, il braccio non riesce a reggere il peso degli sci e neppure a sollevarsi oltre l’altezza gomito, l’anca inizia a dolere e la gamba non ne vuole sapere di fare dei passi più lunghi di dieci centimetri. Niente discesa, afflitto salgo sull’impianto che ci porterà a valle e da lì con l’auto, guida mia moglie io non sono in grado, ci dirigiamo verso l’ospedale di Brunico al pronto soccorso. Il medico, dopo avermi visitato ed avermi iniettato nella schiena cinque cc di antidolorifico, compila un paio di ricette ed il referto. Contusione e abrasione parietale sinistra. Contusione scapolare sinistra con distorsione del bicipite e incrinatura della sesta costola. Contusione anca sinistra, distorsione del quadricipite e relativa pubalgia. Leggo il referto e chiedo “Certo che sia tutta roba mia?” mi osserva corrugando le sopraciglia poi sorride commentando “ La sua settimana bianca si è conclusa oggi, mi spiace”. Questo lo crede lui.
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