parole e immagini

Purga

parte prima

Da tempo dopo la separazione sto cercando di riprendere una vita normale, riallacciare le amicizie, riprendere a frequentare i luoghi che mi avevano visto presente prima del matrimonio, ma non è semplice, gli anni sono trascorsi e non solo per me ma anche per gli altri, anche i vecchi amici si sono sposati e lo sono ancora, con mogli e figli a carico non frequentano più quei posti, ma rimangono tranquilli a casa oppure escono per delle passeggiate, con mogli e figli al seguito. Certo so che esiste ancora un piccolo gruppo di scapoli impenitenti, ma è tanto tempo che non ho più occasione di incontrarli e sono sempre stati difficili da rintracciare. Improvvisa l’illuminazione, è luglio le sere sono calde, guardo l’orologio, sono le 20.30 e penso, Lugano, sì, dove se non Lugano, la Svizzera non ha ancora adottato l’ora legale, pertanto ho tutto il tempo per giungere sul luogo nell’ora migliore, per gettare uno sguardo agli ambienti abitualmente frequentati ai miei tempi, e spero ancora adesso. Dopo circa mezz’ora sono sul posto e  alla ricerca di un parcheggio, costeggiata la piazza del Federale, mi ritrovo sul lungo lago, in colonna, strano a quest’ora non c’è mai molto traffico, alcune macchine targate Varese, la maggior parte targate Como e vanno a passo d’uomo. Una Porche Carrera blu cabrio, un Alfa Romeo Montreal arancio, una Jaguar verde inglese, un pagodino decappottabile verde metallizzato, sorrido, conosco queste macchine e so cosa stanno a significare, caccia! Non sono in condizioni di pormi in concorrenza, il mio maggiolone cabrio blu yogurt con capote nera è simpatico, ma non è all’altezza della situazione, e poi da tempo ho perso l’abitudine a questo genere di cose, ne sono divenuto estraneo. Comunque sono lì in colonna e non posso fare a meno di osservare ed ad un certo punto la scorgo, si deve essere lei il fulcro di tutta quell’attenzione. Biondi corti riccioli le coprono il capo, una camicetta rosa annodata in vita sopra ad un paio di short bianchi che fasciano un posteriore decisamente  notevole posto sopra due gambe lunghe fasciate in calze nere autoreggenti stretti sulle cosce, ed il tutto ondeggia nella camminata sopra due sandaletti bianchi a tacco alto. Sì penso, la fila è giustificata mentre lei, forse infastidita dai fischi di apprezzamento provenienti da alcune auto cambia improvvisamente direzione, si volge torna indietro e affretta il passo, anche il viso è all’altezza del resto, tedesca penso, quasi certamente, viene nella mia direzione,  inconsapevolmente le sorrido e la saluto con gesto della mano. Si blocca, si guarda attorno e poi non so per quale ragione si dirige verso la mia macchina, improvvisamente mi sono fermato, lei apre la portiera e sale, si siede e mi guarda, sotto un trucco un po’ troppo pesante il volto è quello di una ragazzina spaventata, ed è una ragazzina scoprirò poi, solo 19 anni,  trema quasi, “ Warum? “ è la sua domanda, perché, già perché. Come immaginavo, e io non conosco il tedesco a parte il già citato warum, gut, kartoffen, genau, e poco altro ancora, provo a chiedere se parla inglese, non che migliori di molto la cosa ma qualche parola in più riesco a spiccicarla, scuote la testa in modo negativo, poi mi spiega in modo stentato, che è svizzera di Basel, Basilea,  si ma fa anche Baal, forse sono stato fortunato, la città  non è solo sul confine con la Germania ma anche con la Francia e quasi tutti i basilesi anche se in modo meno corretto del tedesco, loro lingua madre, parlano anche il francese, glielo chiedo, la risposta e un largo sorriso che gli rasserena il viso ed un  “Oui” pronunciato con sollievo. Nel frattempo ho rimesso in moto, e raggiunto il rondò posto poco più avanti compio un inversione di marcia incrociando così in senso opposto quella fila di auto che avevano costituito in precedenza il corteo, facce curiose si sporgono ad osservare, alcuni mi riconoscono sorridono e salutano col pollice alzato, sono i comaschi, che con un colpo di clacson si allontanano accelerando,  il gioco è finito e solo qualche varesotto, insiste a tallonarmi con l’auto, poi resosi conto che la partita è definitivamente persa, si allontana. Nel frattempo le chiedo se vuole prendere qualche cosa, un gelato, un caffè, mi risponde sorridendo sì un gelato va bene, sembra tranquillizzata ora, supero il Kursal e raggiungo il parcheggio che si trova dietro ai giardini pubblici, sistemo l’auto scendiamo e ci addentriamo nel parco verso il chiosco che proprio sulla riva del lago produce e vende ottimi gelati. La guardo e le chiedo per quale ragione abbia scelto di salire sulla mia macchina, mi sorride e la sua risposta è semplice “ Hai un sorriso gentile”. Seduti al tavolino iniziamo a parlare un po’ di tutto, il suo francese è scolastico ed appunto per questo di facile comprensione, il mio si è affinato in anni di rapporti di lavoro e  molte volte sono in difficoltà ad affrontare argomenti di comune conversazione. Mi racconta di essere a giunta Lugano al servizio di una famiglia Bernese, che ha scelto di trascorrere prima a Saint Moritz e poi qui le proprie vacanze, in qualità di baby sitter. Mi racconta che in quei 15 giorni non ha mai avuto un giorno di libera uscita e che, ora che la famiglia presso la quale era impiegata è rientrata, lei si è trattenuta ancora un giorno, per visitare Lugano, ma che il suo desiderio sarebbe stato quello di visitare l’Italia, visto che era questo che si era ripromessa di fare quando era partita, era quanto aveva entusiasticamente raccontato alle proprie amiche prima di partire ed era quanto si accingeva a fare nel pomeriggio, dopo avere lasciato l’albergo, ma che purtroppo non aveva potuto fare incapace di organizzare in così poco tempo anche una breve gita e che le dispiace molto, perché lei in Italia avrebbe voluto andarci, anche solo per pochi attimi, anche solo per pochi metri per poter raccontare al rientro di esserci stata. Ora, dice non le sarà più possibile, dovrà rientrare in albergo a prendere la valigia lasciata in deposito visto che non ha più la camera, e recarsi alla stazione dove aspetterà tutta la notte nella sala d’attesa quel treno che alle 9 del mattino partirà per riportarla a casa. La guardo, mentre col cucchiaino pulisce il fondo della coppa del gelato, ha la faccia di una bambina imbronciata, delusa per non avere potuto realizzare quel desiderio che è stata la sola ragione per la quale aveva accettato il lavoro. Guardo l’orologio sono le 22, in Italia naturalmente visto che qui sono ancora le nove di sera, un pensiero mi attraversa la mente, perché no mi dico, è venerdì sera e l’indomani non ho assolutamente nulla da fare, così glielo chiedo, gli chiedo se quelle notte che lei dovrebbe  trascorrere in sala d’attesa preferirebbe trascorrerla girando per le strade di Como, così al rientro avrebbe potuto raccontare alle amiche di essere stata in Italia, le spiego che con l’auto e con  l’autostrada per realizzare quello che è il suo desiderio occorrono solo pochi minuti, una ventina non di più. Mi guarda sorpresa, forse non si aspettava questa offerta, è titubante vedo,  sta pensando se accordarmi o meno la sua fiducia, poi di scatto si alza dalla sedia facendo traballare il tavolino ed un sorriso le si allarga sul viso, sì, dice, andiamo, andiamo….
                                                                                              refusi
                                                   
                                                                                                (segue)
                                                       

Purgaultima modifica: 2007-09-18T22:20:00+02:00da
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