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Lug 4, 2007 - racconti brevi    2 Comments

Andiamo a fare uin giro?

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La voce di mia moglie mi raggiunge, mentre sono al bagno a farmi la barba, alle 2 del pomeriggio? Beh sì, sono o non sono pensionato? Si può fare, rispondo,  ma dove,  non mi va di prendere la macchina. No repplica lei niente macchina, scendiamo in paese, prendiamo il battello e raggiungiamo Bellagio, ci fermiano a bere qualche cosa poi  torniamo.Guardo fuori dalla finestra, la giornata è stupenda, una giornata da foto mi dico, l’idea mi estusiasma. D’accordo rispondo mi preparo e andiamo. Prendo il mio giocattolino, controllo che tutto sia in ordine, la scheda di memoria è inserita, la serie precedente di foto scaricata al computer, memoria libera dunque. Partiamo, già sulla strada per arrivare all’imbarcadero i click sono stati numerosi, si prosegue a scattare anche sul battello affollatissimo, e giunti a Bellagio la frenesia sì scatena, sembra un paese creato apposta per essere fotografato, vetrine di negozi, terrazze di ristoranti, vicoli ,scalinate, particolari…..click, click, click, con la digitale è così, ti toglie l’inibizione dell’errore nello scatto, tanto poi al massimo si cestina, click click cl……., buio, mi sono scordato di mettere la batteria in carica. Mi sento come un cane bastonato, perso e stupido, mia moglie mi guarda di sottecchi, vorrebbe dirmi qualche cosa ma preferisce tacere temendo una mia reazione scomposta, una giornata così dovrò aspettarla a lungo e forse allora avrò altre cose da fare temo; mortificato, ripongo la fotocamera nella custodia e mi reco in un bar, mi siedo ad un tavolino ordino una birra in attesa del battello che più tardi mi ricondurrà a casa. Comunque penso un po’ di foto le ho fatte e già mi prende la smania di rientrare per poterle scaricare al computer ed osservarle, dopo avere ricaricato la batteria naturalmente.                             

                                                                                                                         refusi

Giu 29, 2007 - racconti brevi    3 Comments

Mme Blanche

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…. credo proprio che non amasse la confusione, i toni accesi e il ridere gogliardicamente. Oh,  Madame Blanche era proprio una gran dama, la classe era innata. Ogni suo gesto era una carezza, parlava sottovoce e sembrava non respirasse tanto la delicatezza del suo vivere fosse così educato. Madame Blanche, la adoravano tutti, aveva un carisma particolare attirava a sè attenzione senza desiderarla. Vestiva sempre di chiaro, colori tenui e la sua casa era elegantemente rigorosa, i fronzoli, amava citare, appartengono a chi ha bisogno di nascondere la propria povertà di spirito e vuol solo apparire. Madame Blanche, tutti la ricordano e tutti la rimpiangono, le sue tazze da tea erano di fine porcellana bianca, offriva sempre biscotti alla mandorla. Madame Blanche adorava le sue ragazze, le vestiva, le insegnava l’educazione e le faceva diventare delle gran dame. Il suo non era un bordello, come si usava a quei tempi, ma un salotto dove il discorrere era piacevole quanto un’ora trascorsa con una ragazza. Madame Blanche, non c’è più, se ne è andata e le ragazze hanno pianto, gli uomini hanno pianto, tutti hanno pianto. Sono rimaste le sue tazze da tea, nessuno lo ha più offerto da allora, gli uomini ora fanno l’amore senza una parola, sbrigativi e le ragazze non sono dame, ma solo puttane ….

Les ….

                                                         lesartists

Giu 24, 2007 - racconti brevi    Commenti disabilitati su L’uomo sandwich

L’uomo sandwich

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Rarissimo da incontrare alle nostre latitudini, ormai quasi scomparso anche nel luogo di origine, ne ho ancora presente le immagini, no, non perché ne abbia mai incontrato uno personalmente, ma perché visto all’interno di documentari o film d’epoca. Solo la testa i piedi e qualche volta le mani spuntavano dai cartelloni pubblicitari che lo avvolgevano completamente rendendolo simile alle carte animate di Alice nel paese delle meraviglie di Carrol realizzato dalla Disney. Triste vederlo camminare per interi isolati, con quei cartelloni addosso che pubblicizzavano di tutto, per poter racimolare nel corso della giornata qualche centesimo che gli consentisse di mangiare almeno una volta al giorno, triste e buffo.
Mi chiedo se esistano ancora e mi vedo costretto a rispondere che sì, esistono ancora, non sono più gli stessi sono cambiati in modo totale, irriconoscibili per chi in loro ricerchi le vecchie caratteristiche, per chi pensa di vedere ancora quella piccola testa dall’espressione affaticata spuntare dell’interno dei due cartelloni pubblicitari, facili da osservare per chi ne conosce le nuove caratteristiche.
Indossano giacche che piegano all’interno e che poi appoggiano ostentatamente sulla spalliera della sedia accanto, dandole qualche colpetto, non per riassettarla, certo che no, solo perché i presenti possano notare l’etichetta posta all’interno sopra la tasca, ARMADI, LERSACE, ecc.., sospirano poi profondamente portando con affettazione la spalla sinistra leggermente in avanti, mostrando il logo cucito sulla polo rigorosamente di piquet, LARIVA, PONTE DI FIRENZE, ecc…
Sedendosi accavallano con noncuranza le gambe sollevando il piede all’altezza degli occhi del vicino dove si pavoneggia un mocassino color cuoio L’OGAN, BOTS ecc…,. Si accarezzano con fare distratto i capelli, se li hanno ancora, o si passano in modo indifferente la mano sulla pelata abbronzata e tirata a lucido togliendosi poi, con ampio gesto della mano, gli occhiali da sole, molte volte orribilmente a specchio per mostrarne l’appartenenza ROBAN, PIRSOL, ecc…., sorbiscono il caffè, col mignolo alzato, pagano il conto in modo misurato, contando i centesimi uno per uno, poi osservano con distacco l’orologio sollevando il braccio all’altezza degli occhi quasi fossero disturbati da un inopportuno riflesso, per controllare l’ora sul rilucente LOREX PAITONA, d’obbligo, (il più delle volte di provenienza cinese o partenopea) . Poi si alzano infilando i pollici all’interno dei pantaloni e percorrendo tutto il giro vita per sottolineare la presenza della cintura in pelle di lucertola e l’etichetta che fa bella mostra di sé sul retro dei jeans, JERRY, GASOLINE, ecc…, se potessero si abbasserebbero persino la cerniera dei pantaloni per mostrare a tutti la scritta che capeggia in bella mostra bianca su nero o viceversa, PISSONI, PLEIN, ECC.., e se non lo fanno non è per questione di morale o di decenza è solo perché non sono certi delle proprietà igieniche dell’indumento, sono assemblati, “ refusi abbigliati, abbigliato si dice “ , no loro sono assemblati così alla bel e meglio, senza arte ne parte, senza gusto, l‘imperativo è essere griffati, il resto non conta. La cosa buffa è che per tutta questa ostentata pubblicità, per la sceneggiata messa in atto non guadagnano una lira, op scusate un euro, anzi, spendono fior di quattrini, il tutto per mostrare agli altri che loro possono, che loro sono arrivati, che loro appartengono alla ristretta cerchia dei privilegiati, all’elite, buffo? No, mi correggo ridicolo.
L’uomo sandwich non mi fa più sorridere

refusi

Giu 24, 2007 - racconti brevi    1 Comment

I succhia ruote

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Viene subito da chiedersi, ma cos’è o chi è il succhia ruote? Bisogna innanzitutto precisare che il termine deriva da un comportamento……“sportivo“……. tenuto da alcuni atleti in particolar modo nel ciclismo, in questo specifico caso il succhia ruote è quello che si aggancia alla ruota del corridore in fuga e lo segue come un ombra, è quello che alle numerose richieste di collaborazione per ottenere il successo, risponde con smorfie, come a dire scusa mi spiace perdonami ma non ce la faccio, sto veramente male, a malapena riesco a seguirti …. “a starti a ruota”….. ma tu vai, vai, fin che posso ti seguo, salvo a rimanerti sempre incollato come un ombra, è quello che giunti poi nella prossimità del traguardo, con un gesto incurante rifila la spallata a chi lo ha condotto sino a lì e va a cogliere l’immeritato successo, e quello che poi intervistato dalla stampa troverà mille scuse , dirà che non lo ha fatto apposta che stava veramente male e che per questo non ha potuto collaborare, dirà che all’arrivo non si è accorto che il compagno di fuga aveva improvvisamente rallentato e che lui lo ha sorpassato inavvertitamente senza accorgersi, e che il merito non va a lui ma al compagno dirà…………
Ma nella vita esistono i succhia ruote? O si che esistono e sono tanti, sono quelli che non hanno nulla da dire ma che si accodano e urlano quelle cose che tu in precedenza avevi sussurrato per pudore a bassa voce facendosene merito, sono quelli che in autostrada nelle giornate di nebbia ti si piazzano a un metro dal cu_lo non ti mollano salvo poi chiederti immediatamente strada con gli abbaglianti appena la nebbia si dirada. Sono quelli che ti controllano nell’ufficio, che seguono le tue mosse osservano il tuo lavoro e quando tu stanco ti alzi per una pausa e per andare a prendere un caffè, immediatamente raggiungono la tua scrivania, danno una scorsa veloce alla tua relazione e si premurano di consegnarla subito e personalmente al dirigente di turno, giustificandosi poi, dopo averne preso il merito, dicendo di averlo fatto per l’interesse dell’azienda perché per quanto il progetto fosse valido, tu ….forse…. non avresti trovato il coraggio di presentarlo. Si sono quelli che in forum si vantano di essere superiori agli altri in quanto rifuggono dall’anonimato, perché loro nel forum hanno la loro faccia e il loro nome, si proprio perché non l’hanno fuori, perché fuori sono nulla sono fumo, sono……………succhia ruote

 

                                                                                                                             refusi

nessuna inerenza col blog solo un fatto personale scusate

Giu 20, 2007 - racconti brevi    3 Comments

Può un uomo immedesimarsi in una donna e scrivere una storia apparentemente vissuta? Proviamo…..

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Il riposo del guerriero – aggiornamento

Sdraiato supino sul letto, una mano sopra il cuscino l’altra sul petto, con le gambe divaricate, una leggermente piegata di lato, un ciuffo nero di capelli scomposto gli copre la fronte, dorme tranquillo e rilassato con l’espressione del bambino soddisfatto dopo la poppata quotidiana ed io sdraiata di lato, in quel poco spazio concessomi, appoggiata su un gomito lo osservo. Osservarlo così, mentre dorme con quel viso innocente, dovrebbe suscitare tenerezza, ma perché allora provo solo rabbia? Sì, frustrazione e rabbia. E’ rientrato dal lavoro a tarda sera e comunque solo una mezz’ora dopo il mio di rientro, sì, perché anch’io lavoro, si è tolto la giacca, le scarpe, la cravatta ed in pantofole si è seduto sulla poltrona, non prima di avere acceso il televisore ed avere preso il giornale. Mentre io, in cucina mi sto dando da fare come una cretina per preparare la cena. Poi lo chiamo, è pronto dai vieni, la risposta arriva, in ritardo, ma arriva, un attimo, devo finire di leggere una cosa, un attimo che arrivo, sì, quell’attimo dura cinque miniti. Poi arriva, uno sguardo alla tavola, l’espressione seccata di chi non vede ancora pronta la sua compagna preferita della cena, la bottiglia del vino, che da intenditore ama degustare lentamente. Apre la dispensa, osserva le bottiglie presenti ad una ad una, riguarda verso la tavola, poi opta per un rosso, prende la bottiglia la soppesa, la riguarda, poi con tutta tranquillità si accinge a stapparla, ne odora il tappo, un espressione soddisfatta, siede a tavola, versa un po’ di vino nel bicchiere, ne osserva la trasparenza del colore, lo agita lentamente, lo annusa, poi porta il bicchiere alle labbra, sorseggia, e mentre un aaahhh gli scivola fra le labbra un espressione beata gli si dipinge sul viso. Poi affonda la forchetta nel piatto, la porta alla bocca, una smorfia, la cena si è freddata, ma non dice nulla, ci mancherebbe, mastica svogliatamente e distrattamente tre o quattro forchettate, poi con un gesto allontana il piatto, scusa, dice, ma questa sera non ho molto appetito, sorseggia lentamente il suo bicchiere di vino, poi si alza e si dirige nuovamente verso la poltrona e si accomoda per guardare il telegiornale, lasciandomi lì, come una cretina, senza una parola, senza avermi neppure detto, un buon appetito prima ne un grazie dopo.
Finisco in solitaria la cena, sparecchio, riordino, poi vado a sedermi anch’io sul divano accanto, vorrei guardare un film alla tv ma non posso, è mercoledì e c’è la partita. Rassegnata mi alzo, decido di andare a letto per leggermi tranquillamente un buon libro, lo saluto ricevendo per risposta solo un vago cenno di manto, ed un brontolio riferito a non so quale decisione sbagliata dell’arbitro.
Più tardi lo sento arrivare, si alza dalla poltrona, spegne il televisore, va in bagno, ed infine arriva si getta sul letto di peso facendomi sobbalzare, per distrarmi dal libro e impormi la sua presenza, poi inizia ad allungare le mani, prima piano, piano, poi sempre più velocemente, mi libera dei pochi indumenti e mi è sopra, sento il suo fiato caldo sul collo, inizia ad ansimare più forte e in un attimo è gia tutto finito, senza una carezza, un bacio, senza la mia partecipazione, senza curarsi del fatto che io non mi sia quasi nemmeno resa conto di quanto stava accadendo, si rovescia di lato e si addormenta. Vorrei urlargli la mia rabbia, la mia frustrazione, la mia tristezza, vorrei chiedergli dove sia finito quel ragazzo che mi guardava negli occhi sorridendo, che mi stringeva forte fra le sue braccia, che mi poneva sempre al centro delle sua attenzioni e del suo mondo, sono bastati solo pochi anni eppure quei tempi sono già così lontani. Vorrei farlo ma so che non lo farò, anche questa volta, come le altre volte mi chiuderò nel mio silenzio, nella mia tristezza, perché so che se lo facessi si limiterebbe ad alzare le spalle, e ad uscire anche quell’unica sera alla settimana, come tutte le altre sere, e mi chiedo se forse non sia meglio.

                                                                        refusi
Dopo averlo scritto l’ho riletto e mi sono chiesto, se questa storia che ha preso spunto dal titolo di un romanzo di c. rochefort, possa rappresentare la realtà di una donna, e se sì, di quante?

 

Giu 9, 2007 - racconti brevi    1 Comment

Il trenino elettrco

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Quando ero piccolo, amavo molto il trenino elettrico, purtroppo le disponibilità della mia famiglia a quei tempi erano molto limitate, così il trenino mi veniva regalato a rate un pezzo per volta e solo a Natale. Il primo anno un vagone passeggeri, il secondo il il carrello porta carbone, forse perchè ero stato un po’ cattivo. Poi il vagone ristorante, il carro merci, la stazione, e via di seguito. Io nel frattempo me li guardavo, li tenevo nella mano, li cocccolavo come oggetti preziosi, li spolveravo e nel frattempo giocavo con uno scassatissimo trenino di latta  a molla che girava, ossessivo e monotono, sopra dei binarietti circolari di trenta centimetri di diametro.
L’ultimo regalo fu la locomotiva, modellino di un’antica motrice a vapore, nera con le decorasioni oro e rosse, bella, pesante, la tenevo in mano con orgoglio e soddisfazione. Avevo diciotto anni, ma il regalo di un pezzo di trenino nel giorno di Natale era diventata una tradizione. Ma e i binari?? I binari li acquistai io alcuni anni dopo, tornato dal servizio militare prima del Natale, e fatto un pacco del tutto lo regalai al mio primo nipotino. Lui finalmente ci avrebbe giocato.
                                                                                                                                                                                                          Refusi

 

Giu 6, 2007 - racconti brevi    Commenti disabilitati su Il desiderio

Il desiderio

 Lampada

Non era stato fortunato, non era bello e sin dalla nascita era gracilino, soggetto a malattie, e parecchio imbranato. Crescendo, purtroppo, le cose non erano migliorate anzi, la sua posizione sociale non era delle più invidiabili, era meno che mediocre, inoltre, per sua sfortuna, era dotato di una grandissima fantasia. Passava il suo tempo a sognare, immaginava di essere bello e ricco di viaggiare per il mondo amato dalle donne ed invidiato dagli uomini, intento a solcare gli oceani in

traversate solitarie o a scalare vette innevate di monti. Sognava di vincere al super enalotto per poter esaudire i suoi desideri, ma poi si rendeva conto che questo avrebbe risolto solo la parte economica; lui sarebbe sempre rimasto piccolo, brutto e imbranato, e così immaginava di poter cambiare anche il suo aspetto fisico, sognava di trovare il genio della lampada che avrebbe potuto realizzare i suoi desideri, e la sua immaginazione era così forte che finì per credere veramente che potesse esistere un genio della lampada in grado di esaudirlo.

Fu così che un giorno, mentre era preso da una delle sue tanta fantasie, gli apparve veramente il genio della lampada e la cosa non lo sorprese poi più di tanto, in fondo era quello che da tempo desiderava.

Si rivolse al genio e gli chiese “Genio puoi esaudire i miei desideri?” – “Certo – rispose il genio, però uno solo”, lui non stette a pensarci più di tanto, da troppo tempo fantasticava su quel momento, “Allora – disse – fammi diventare bello, ricco e famoso”.

Il genio lo guardò, sorrise e scosse la testa, “Mi spiace – rispose – ma questo è un desiderio che non posso esaudire, per farlo dovrei cambiare i ricordi di un’intera generazione e questo, non posso proprio farlo.

“Ma allora – sbotto lui – che cavolo di genio sei, che desiderio potrei esprimere per ottenere ciò che voglio?”

“Una soluzione ci sarebbe, – rispose il genio – anche se non è esattamente quello che hai richiesto”

“Spiegami, spiegami” rispose subito lui ringalluzzito dalla speranza, “Ecco, – disse allora il genio –

io potrei scambiarti con un altro, tu potresti chiedere di diventare un personaggio esistente, bello, ricco e famoso e lui prenderebbe il tuo posto”.

“Lo voglio, lo voglio, – si esaltò subito alla prospettiva – fammi pensare chi vorrei diventare,… ecco si. Vorrei essere il tale”.

“Ecco, – disse ancora il genio – sappi che però, perché lui possa prendere il suo posto, dovrà naturalmente scordare tutto il suo passato e così anche…….”

“Va bene, va bene, – fece lui impaziente – ma fallo, fallo subito!”

Non era stato fortunato, non era bello e sin dalla nascita….. 

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Giu 6, 2007 - racconti brevi    Commenti disabilitati su Pensione

Pensione

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Finalmente in pensione, bè, non è che tu desiderassi proprio di andare in pensione in fondo ti consideravi ancora giovane e perfettamente in grado di continuare il tuo lavoro, ma la ditta per cui lavoravi decise di cessare l’attività, e tu, con più di cinquant’anni e trent’anni di esperienza nel settore, conosciuto e stimato nell’ambiente, invii centinaia di curriculum e fai altrettante telefonate, a qualcuno servirò pensi, qualcuno mi darà una mano…..

Si, la pensione. Fortunatamente hai raggiunto l’anzianità e quindi puoi  tranquillamente andare in pensione. Che bello pensi, da domani non dovrò più fare levataccie salire in macchina per recarmi in ufficio o percorrere centinaia o migliaia di chilometri in auto, treno o aereo, da domani potrò tranquillamente restarmene a casa a crogiolarmi nel letto, da domani avrò più tempo. Tempo per me, per i miei hobby, tempo…., e proprio mentre fai una passeggiata incontri un amico che subito ti apostrofa “Beato te che sei in pensione non devi preoccuparti più di niente e hai tutto il tempo che vuoi” –“Beh, in effetti e vero, posso farmi belle passeggiate, leggermi un buon li…..” Ma lui è già oltre, un cenno di mano per saluto ed è lontano, già, lui lavora, lui non ha tempo. Tempo….

Quando lavoravi non avevi tempo, dieci, dodici ore al giorno, quando stavi in ufficio, interi mesi con settimane senza sabati né domeniche quando eri in viaggio per fiere, mostre, presentazioni, visite a clienti importanti, alberghi, ristoranti, cene di rappresentanza. Proprio non ne avevi di tempo, e pensavi, quando andrò in pensione allora avrò tempo, tutto il tempo…..

Quando lavoravi di tempo n’avevi proprio poco, trascorrevi con la moglie la settimana bianca per Natale e capodanno; dieci, dodici giorni sulle dolomiti per ferragosto, e quei giorni passavano sempre troppo in fretta e così, subito dopo, via di nuovo a testa bassa nel lavoro. Nei fine settimana liberi gite alla ricerca di ristoranti, trattorie e baite ma questi spazi erano ancora più brevi, e pensavi, quando avrò più tempo, quando sarò in pensione tutto il tempo sarà mio, e potrò dedicarlo ai miei hobby, a mia moglie, andremo a nei luoghi che già conosciamo e che amiamo ed a visitare luoghi nuovi perché allora avremo tempo. Tempo….

Ora sei in pensione, e hai tutto il tempo che vuoi, tempo per fare passeggiate in paese, per leggere un buon libro o guardare la televisione o ancora fare passeggiate in paese, leggere un buon libro, guardare la televisione, tempo…….

Certo quando sei andato in pensione, ti anno dato anche la liquidazione, versando direttamente sul tuo conto, in banca, una cifretta interessante, e non avevi ancora deciso come utilizzare tale somma che già, il solerte bancario di turno ti telefonava informandoti sulle varie possibilità che ti si prospettavano per impiegare in modo produttivo il tuo capitale, Cirio, Parmalat,  Seat pagine gialle, varie soluzioni, due, tre e quattro. Che bravo pensasti, vuole fare i miei interessi, e così, al posto dei soliti Bot, ti lanciasti nel mercato azionario con l’allettante prospettiva di aumentare facilmente il tuo piccolo capitale dello……meno sessanta per cento.

Una volta quando non avevi tempo, avevi uno stipendio, una macchina aziendale, dei benefit; frequentavi alberghi tre, quattro stelle con sauna piscina welness, massaggi, ristoranti esclusivi, vestivi per motivi di rappresentanza abiti firmati, cambiavi l’auto personale ogni quattro anni, e pensavi, quando avrò più tempo, tempo…..

Come detto hai tutto il tempo che vuoi, ma, hai una pensione e se nel mondo esiste una contraddizione di termini elevata è, salvo note eccezioni, proprio fra queste due parole- pensione e tempo.

Ti eri sposato una prima volta, ma le cose non eranno andate bene, così dopo qualche anno. la separazione poi, dopo i termini di legge, lungagginì borocratie eccetere eccetera, otto lunghi anni, il divorzio. Nel frattempo avevi conosciuto la persona giusta, vi eravate frequentati per alcuni anni,

stavate bene ansieme, ti risposasti, stavolta è la volta buona pensasti, è la persona giusta, e per fortuna lo era. Ma averi già quarant’anni, e sempre meno tempo, così di comune accordo decideste,

egoisticamente forse, di non mettere al mondo figli. Sono già vecchio ormai, pensavi, e l’mpegno del lavoro proprio non mi lascia il tempo neccessario da dedicare a un figlio.

La conseguenza logica è che non pensasti nemmeno ad una casa, vivevi in un appartamento in affitto e la cosa ti sembrava giusta così, a cosa mi serve possedere una casa, o un appartamento, pensavi, se non ho nessuno a cui lasciarlo? Ti sembrava tutto così logico, sino a quando, a causa dell’affitto che aumentava costantemente ad ogni rinnovo di contratto e alla pensione, ti accorgesti che in tutti quegli anni avevi pagato al tuo locatore due o trè volte il valore dell’appartamento e che avresti continuato a pagarlo con il relativo costante aumento ad ogni rinnovo di contratto.

Così, a quasi sessant’anni, con quanto gli investimenti mirati suggeriti dal tuo bancario avevano  lasciato dei tuoi risparmi e con un mutuo, decidi di acquistare una casa, un appartamento dove trascorrere tranquillamente, speri, i tuoi anni a venire, dove passare il tuo tempo.

Hai tanto tempo, ma poca pensione, un mutuo, tasse, spese per riscaldamento, luce, acqua e altre per medicinali e visite mediche a causa degli acciacchi che aumentano con l’età, come aumentano tutte le altre spese, solo la pensione lei, non aumenta.

I periodi di vacanza si accorciano e vengono spostati a periodi di bassa stagione, è perché non ti piace la ressa, la folla, dici, ma lo sai è solo perché costa meno. Il numero di stelle sul depliant dell’ albergo diminuisce ogni volta, sino ad arrivare al garni, al monocale in affitto, è perché così, dici, sono libero di andare a mangiare nei vari ristoranti del luogo, senza orari ne impegni, ma lo sai, è solo perché costa meno.

Le gite fuori porta si riducono, da settimanali a quindicinali, da quindicinali a mensili, da mensili a quando capita. Il ristorante diveta una pizzeria, la pizzeria un pic nic. È meglio così, dici, si va dove si vuole senza prenotare si trova sempre posto è più sano, all’aria aperta e poi, nei ristoranti ultimamente, non è che si mangi poi tanto bene, ma è solo perchè costa meno.

La tua auto ha quasi dieci anni e centoquarantamila chilometri, l’hai tenuta bene, è ancora una bella auto, ma anche lei ha i suoi anni, ti ha portato a spasso per tanto tempo e comincia ad esserre stanca, a mostrare qualche acciacco e, tutte le volte che ci sali ne accarezzi il volante, dentro te le parli dolcemente, sussurri, resisti ancora ti prego, non mollare. Sai che se dovesse succedere sarebbe un dramma, non potresti sustituirla ora e forse mai.

Sei in pensione, hai sessant’anni e tutto il tempo che vuoi, tempo per passeggiare in paese, leggere un buon libro, lo stesso e…. guardare la televisione.

                                                                                                                    

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