
Un giglio di prato,
fiorito
in un tempo sbagliato
ed un sole sorto
quando
non era aspettato,
con la luna iniziò
un gran litigio
sopra ad un mare agitato.
Un barcone
di schiavi affollato
muove la prora
in favore di vento
dimenticando
la poppa nei ricordi,
inseguendo speranze
seppellendo i morti.
Alla ricerca di un lido,
di un luogo dove stare.
In un tempo sbagliato
fra le onde
sul mare.

L’uccello vola,
vola nel cielo sereno.
Nel cielo sereno
felice, l’uccello
intona il canto.
Canta dentro noi
nel nostro cielo
vola,
l’uccello in noi,
felice nel suo volo,
cantando.
Sino a che sbatte
contro un grigio muro,
l’invisibile muro
delle nostre paure e cade.
Cade l’uccello,
nel becco spezzato
giace,
l’ultima nota del suo canto.
Cade,
alla base del muro
su altri uccelli
che da tempo giacciono
feriti, muti,
il becco spezzato.
Quanti altri uccelli
dentro noi hanno volato,
quanti,
hanno trovato quel muro
che gli ha rotto il canto,
quanti voleranno ancora
per cadere poi
alla base del muro.
Su quel mucchio informe
di dolore muto
anche l’ultimo uccello
cadrà,
con il becco spezzato.

Smettete di parlare.
Lasciate il silenzio
al silenzio.
Non accendete
abbaglianti fari
lasciate il buio
al buio.
Non bruciate nulla
non solo calde fiamme
si alzeranno,
sopra di queste fumo.
Lasciate che la verità
sia vera,
non nascondete la vita
nell’ipocrisia.
Lasciate la luce alla luce,
il buio al buio.
Il silenzio al silenzio
e ascoltate,
ascoltatevi
in silenzio,
mentre vi parlate.

Da quale mare
da quale spazio
in quale tempo
giungemmo noi.
A quale lido
a quale spiaggia
in quale porto.
Quale
la nostra strada
quale il nostro
definitivo approdo.
Generazioni perse,
prigioniere dello spazio,
assurdi inventori
di un tempo consumato
da padre in figlio
da figlio in padre.
Scordato
il lontano inizio,
persi nella notte
di un tempo uguale,
noi mutevoli.
Quale il nostro fine?
Noi mutevoli,
ma eterni come il tempo,
chi siamo?
Miseri resti di dei
non più immortali?
Bruchi, crisalidi
di inimmaginabili farfalle?
L’assurdo gioco
di un capriccioso dio?
Quale fu l’inizio?
Quale sarà
la fine?

Ricordi
dentro una scatola di cartone,
foto screpolate
ingiallite dal tempo,
fogli sgualciti
su cui, a fatica
si scorgono tracce
d’inchiostro
che lottano
per non scomparire.
Rugose, tremanti mani
rovistano con cura,
togliendo e riponendo
ogni volta,
dietro e finestre ovali
stanchi occhi
osservano
e ricordano una vita,
vecchiaia.

Ascolti,
un pensiero
che ti sussurra in testa,
una nota dimenticata
risuona improvvisa
e ti sfiora l’anima
e poi
una lacrima.

Sigari avana,
volute di fumo nella sera
l’acre sapore del rum,
giù nella gola
dita rattrappite
più non trovano lettere
sopra la tastiera
e non riescono a comporre
la parola,
canne di fucile
acciaio brunito
Cuba,
irraggiungibile e lontana.
Risuona nell’aria
come una preghiera
un ultimo, inudito
rintocco di campana.