Gioia
Goccia d’acqua dolce
in un mare salato
dispersa
Goccia d’acqua dolce
in un mare salato
dispersa
Quanta cura nelle parole
quanto silenzio nel pensiero
quanto dolore nell’anima
e ora
nulla più,
se questa è la vita
meglio il nulla
La pell ca la sa sgrinza
e la diventa dura
servis nesuna crema
ghè propi no la cura.
Sul nas, urmai gros e lung
riposan i ugiaa
ul cervel (l’era già poc)
te l’è desmentegaa,
te sentet poc
e ghet i ourecc che sona
le minga na sirena,
ma la vous de la tua dona.
E sì, pasan i ann
e te diventet vecc,
e che tal fan capì
in minga dumò i specc…
ma l’è che prima in strada
te guardaven i tusanett
e mo’ se la va ben
te guarden i vegett.
La senti dentro, gemere
nelle ossa e nell’anima.
Implora il riposo.
L’ultimo sonno, la fuga
dalle parole, dai rumori,
dalle promesse mai mantenute,
dai sogni mai realizzati,
dalle illusioni. Stanchezza.
Spalle piegate dall’uso e dall’abitudine,
mani raggrinzite dal tempo.
Non contano gli anni,
è solo la fatica che pesa,
il sapere di aver combattuto
in silenzio da solo e…
di avere perso. Stanchezza.
Datemi il riposo
Non so neppure chi sei
e mi chiedo come tu possa
procurarmi tanto dolore
e non so rispondere
Riprendo qui un argomento affrontato anni fa e poi dimenticato. L’amore, ognuno di noi ha la sua visione personale dell’amore, qualcuno ha la sua personale illustrazione materiale, altri poetica, pochi platonica, molti, troppi malata…
Un amore malato
Io ti amo
come gli avvoltoi
amano le carogne,
come i vermi
lo sterco,
come il boia
il suo lavoro,
io ti amo.
Io ti amo
come la morte
ama la putrefazione,
come il sadico
ama il sangue
e il masochista il dolore.
Come Narciso
la sua immagine,
io ti amo.
Polvere,
si posa, penetra
nel corpo e corrode.
Polvere,
altrui resti
vivono in noi
ricordi passati
di polvere.
Scivola
lenta lungo la guancia
carica
di silenziose grida
racchiude
i dolori di un’ anima
una
celata lacrima.
Ci sono e non ci sono
cazzeggio e guardo in giro
potrei sparare basso
oppure alzare il tiro,
tanto non cambia nulla
con l’aria che oggi tira
sarebbe assai improbabile
poter sbagliar di mira.
Fra geni autogestiti
nel nome del successo,
cervelli alquanto labili
dispersi dentro a un cesso,
in rumori di sciacquoni
si soffocano le voci
ignorando che li accanto
s’innalzano nuove croci.
Cosa volevo dire?
Forse l’ho già scordato
tutto teso a rincorrere
le storie del passato,
perché a quanto pare
sarà davvero duro
sperar di raccontare
le storie di un futuro.
A queste quattro righe
ora pongo un confine
poco discosto scorgo
soltanto il vuoto, fine.
ref
TAG: così per caso
Che cosa? Chi? Quale?
Un foglio di carta
un giornale.
E che dice?
Di un mondo infelice?
E c’era bisogno
di spendere tanta parole
riempire un intero giornale
per dire soltanto
che oggi le cose van male?
E ieri?
E domani?
Si spera che il mondo migliori
ma gli uomini in fondo
saranno sempre egoisti,
e i giorni a venire
più infausti e più tristi
e comunque
saranno sempre uguali
a quelli passati
ed i giorni nuovi
son giorni già usati.
Pertanto sul foglio
di carta stampata
è inutile,
è vano
indicare una data
ed i vecchi giornali
nei giorni futuri
saranno sempre attuali.