Storie, storie, storie,
il mondo, è pieno di storie.
Storie di gente normale
storie che nessuno
ha il tempo o la voglia
di stare a raccontare.
Storie banali stese
lungo il tempo che scorre
che si ripetono uguali
come le gocce di pioggia
delle sere invernali.
Storie di gente comune
che trascorre la vita
macinando chilometri
sopra il grigio bitume.
Perse dentro ai bar
dietro ai molti caffè,
storie senza una trama,
storie senza un perché.
Sino a che un giorno a caso
fra il fluire dei flutti
la sua storia si innalza
al di sopra di tutti,
un incidente stradale
a causa di distrazione,
un gesto disperato
senza più soluzione,
e la storia ora è lì
sopra tutti i giornali
ridondante di titoli,
di commenti ferali.
Sino a che tornerà
nel silenzio assoluto
una storia che lui
non avrebbe voluto,
una storia che
nel bene o nel male
lui avrebbe preferito
rimanesse banale.
Passato il momento
scordata la storia
i giornali ora attendono
altri giorni di…
gloria.
Nell’occhio della farfalla
la paura e il terrore
di ritornare bruco.
Ho tessuto con gioia
il mio bozzolo
avvolto paziente
filo su filo
e ho atteso.
Poi con ansia
ho forato l’involucro
ma ancora una volta
ne sono uscito
bruco.
Non il colore
di sgargianti ali,
non l’ebrezza
l’eleganza del volo
ma ancora un lento,
triste strisciare.
Perso il sogno
smarrita la speranza.
L’involucro forato,
irridente presenza,
acuisce follemente
il rimpianto.
Corri uomo,
corri
col vento al tuo fianco.
Corri uomo,
corri
e ti senti il più forte.
Corri uomo,
corri
e ti assimili al vento.
Ma poi,
un sasso, un urto, un tonfo.
Corre il vento,
corre
e si perde lontano
e tu,
resti per terra,
disteso nel fango.
Il cielo non è
uguale per tutti…
Il sole non tramonta
mai
nello stesso modo.
Non per la pioggia
Non per la nebbia
Non per la neve
Non per il sole
Non per la siccità
Non per l’arsura
Ma per le risa di pochi
Per il pianto di molti
Per la fame di troppi
No il cielo non è
uguale per tutti…
Tristi
le note della canzone
che si alzano
nell’aria pesante della sera.
Parlano
di case lontane
di volti di gente straniera,
di lacrime, di risa,
di voci dolci o rissose,
ma sempre
note cariche di ricordi
rimpianti
per un paese lasciato.
Struggente malinconia
danzante
si vibranti corde
mosse da tozze
callose dita
ad accompagnare
la tristezza di un anima.
Quando noi
in altri tempi
corremmo col pensiero
in spazi ora dimenticati.
Quando noi,
in dissimili corpi
tra astri e vuoti spazi
seminammo vita.
Ora,
persa ogni capacità,
piccoli demoni esuli
ci illudiamo
di non essere mai stati
quasi dei.
Di quei ciclopici
maestosi resti
non comprendiamo il messaggio.
Allibiti,
pur conoscendone l’esistenza
li ignoriamo
o diamo al loro esistere
false spiegazioni,
puerili,
come infantili scuse,
senza capire che
fu opera nostra
di…
quando noi
in altri tempi.
Ciao fratello.
Ho aperto la porta
è comparso l’uccello,
poi ho richiuso la porta
ed è scomparsa la vita
e l’uccello rinchiuso
gridava :”E’ finita, è finita
questa inutile vita.”
E’ cambiata la sorte
ora dietro la porta
sai chi bussa? E’ la morte.
È la morte sovrana,
signora e padrona.
Tu la credi cattiva, crudele
ma è buona.
Ora il canto d’uccello
si riduce a uno strido
poi è tutto silenzio,
così tutto è finito.
E subentra la pace
che dilaga sovrana
dolcemente cancella
anche l’ultima pena.
Resta sopra al divano
un oggetto sdraiato
è sol ciò che rimane
di qualcosa che è stato.