Parlare di tutto
Parlare di tutto,
di te, di me,
di noi.
Di ciò che saremo
o faremo.
Del tempo passato,
ormai perso.
Di cose vecchie
più di noi
e del mondo.
Cose vane.
Poi
cala il sole
e il buio rimane.
Dentro noi,
arido silenzio
Parlare di tutto,
di te, di me,
di noi.
Di ciò che saremo
o faremo.
Del tempo passato,
ormai perso.
Di cose vecchie
più di noi
e del mondo.
Cose vane.
Poi
cala il sole
e il buio rimane.
Dentro noi,
arido silenzio
Certo che
basta poco,
facile
come un gioco,
bastano due parole
e subito prendono fuoco.
S’accendono facilmente
sono come la sterpaglia
e bruciano velocemente
quelle, code di paglia.
Invertendo l’ordine dei fattori il prodotto… cambia, cambia.
Chi ha dato ha dato ha dato
chi avuto ha avuto avuto
il tempo ormai è finito
anche se sto ancora qua
Volgo il pensiero all’acque
volgo lo sguardo ai monti,
occorre essere pronti
per quando via si andrà.
L’unica cosa certa
che a tempo pieno o perso
ogni giorno un dolore diverso
mi ricorda in modo assai eccessivo
che sono ancora vivo.
Passi oltre
ignorando tutto quanto
ma dentro
nascosta al mondo
un anima disperata
piange.
Era il tempo…
Quale tempo era?
Il tempo in cui…
In cui?
In cui i camosci
correvano le vette,
le vette innevate
dei monti.
Correvano veloci?
Veloci eleganti
e sicuri,
volando
si roccia in roccia.
Volavano anche?
Beh no.
Saltavano invero
ma tale era la grazia loro
che pareva volassero.
Quanti cavalli avevano?
Cavalli…?
Camosci, non cavalli.
Sì ma, cavalli motore,
quanti?
Cavalli motore?
Sì.
I camosci?
Sì, perché,
avranno pure
avuto un motore.
Benedetto signore,
è passato dunque
tanto tempo
da allora
che nemmeno il ricordo
è rimasto
degli animali, dei fiori,
della natura.
Dove è il mio tempo?
Inutilmente interrogo il silenzio.
Dove è?
Dello ieri perso
nulla mi rimane.
Di mio solo ricordi.
Dove è?
Il domani non mi appartiene ancora,
e forse non mi apparterrà.
Dove è il mio tempo?
È forse nell’istante di un pensiero
che rapido consumo e perdo,
è già passato
è ieri.
Dove è il mio tempo?
E’ NATALE
AUGURI!!! AUGURI !!!
AUGURI A TUTTI.
Auguri ai buoni
ai cattivi
ai belli
ai brutti
ai rapitori
ai rapiti
agli onorevoli ladri
ai partiti traditi.
Alle allegre brigate,
alle brigate rosse
con anime nere
alla vecchie brigate
morte in terre straniere.
Buon Natale
a chi è solo
a a chi e in mezzo
alla gente.
Buon Natale
a chi ha tutto
ed a chi
non ha niente.
Buon Natale
ai preti, alle suore, a chi crede.
Buon Natale
all’eretico
e a chi non ha fede.
Tanti auguri
a chi ammazza
a chi viene ammazzato,
a chi mai è stato umile
a chi è stato umiliato.
Buon Natale
al drogato
a chi spaccia la droga,
a chi in alto legifera
indossando la toga.
Tanti auguri
a chi nasce,
ai vecchietti,
ai bambini,
alla tristi zitelle,
agli allegri becchini.
Tanti auguri
agli storpi
a chi mai ha peccato
e che proprio
per questo
poi sarà condannato.
Tanti auguri
a chi ruba
e a chi mai ha rubato
ma purtroppo si tratta
di un augurio sprecato.
Buon Natale insomma,
a tutte le persone,
all’operaio
e al padrone,
allo sfruttatore
e alla puttana,
all’alto prelato
e alla gran dama.
Tanto gli auguri ormai
non hanno più valore
durano meno
delle ventiquattrore,
che già scartato l’ultimo
regalo ricevuto,
si fa il bilancio in cifre
fra quanto dato e avuto.
Di nuovo noi torniamo
i soliti buffoni,
cambiando sempre faccia
secondo le occasioni.
Finito ormai il Natale
finite le ovazioni,
di nuovo i furbi dominano
su un mare di coglioni.
Volteggiano
leggeri nell’aria
si posano
ovunque si trovano,
immacolati
ogni cosa ricoprono
di bianco candore.
Echeggiano
nell’aria le note
soavi
di un canto solenne
aprendo
nell’anima un varco
di puro splendore.
Coscienti
la mani si stringono
in un gesto di pace
che nasce dal cuore
Campane
nell’aria risuonano
rintocchi solenni
che annunciano
l’arrivo di un Dio salvatore.
Le voci
nel coro si uniscono
salendo a lambire le stelle,
scordate le pene
scordato il dolore
ancora una volta
le genti si abbracciano
in un gesto d’amore,
è Natale.
Ho attraversato il mondo
in punta di piedi
cercando di non dar fastidio
più di tanto.
Ho visto la mia pelle
scurirsi al sole
i miei capelli
imbiancare al tempo, cadere.
Ho osservato il sole sorgere
perdersi nella luna
mille volte e mille volte ancora
senza che nulla cambiasse.
Ho raccolto la pioggia
nel palmo delle mani
come fossero le lacrime di un bimbo
o di un mondo intero.
Ho osservato muto
la folla aggredire il diverso
e ho dissentito, ma da lontano
lasciando che accadesse.
Ho sognato amori eterni
e vissuto amori effimeri,
ho abbracciato ideali
combattuto battaglie inutili.
Ho assimilato, in migliaia di passi
la ripetitiva costante
stupidità dell’uomo
negli stessi errori, negli stessi gesti.
Ho camminato su un infinità di strade
attraversato città e paesi
senza carpirne i segreti
dimenticando il senso del percorso,
e ancora oggi mi sto chiedendo
cosa farò da grande
Come c’è un tempo per tutte le cose, così c’è anche un tempo per scrivere e come per tutte le cose anche il tempo per scrivere ha una fine. Ha una fine perché prima o poi finiscono le cose che abbiamo da dire e continuare vorrebbe solo dire ripetere quanto abbiamo già detto e scritto. Non c’è nulla di tutto ciò che abbiamo detto e scritto che non sia già stato detto da altri, in altri tempi o in altri luoghi, in termini e con parole diverse. Perché qualunque cosa abbiamo scritto, qualsiasi sia stato l’argomento che abbiamo affrontato, abbiamo solo raccontato un poco di noi.