

Cordoglio
Oggi il mondo,
Ha smarrito i suoi colori,
e l’orizzonte
è diventato grigio,
oggi,
è scomparso un mito.
Oggi il mondo,
Ha smarrito i suoi colori,
e l’orizzonte
è diventato grigio,
oggi,
è scomparso un mito.
Una quei volta
un quei di
un quei mument
una quei storia,
cusida insema
coumé un lenzoeu vecc
tira insema cui strasc,
coumé una man giunta,
coumé un suspir roubaa,
coumé ul temp chel pasa,
coumé un piant scunduu
coumé un suris douna.
Coumé un dì de sou
coumé una not de luna,
coumé l’aqua d’un fium,
coumé l’unda del mar,
coumé la nebia,
coumé la brina,
coumé un sogn
coumé una vita.
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Una qualche volta
un qualche giorno
un qualche momento
una qualche storia,
cucita insieme
come un lenzuolo vecchio
messo assieme con stracci,
come una mano stretta,
come un sospiro rubato,
come il tempo che passa,
come un pianto nascosto
come un sorriso donato.
Come un giorno di sole
come una notte di luna,
come l’acqua di un fiume
come l’onda del mare
come la nebbia,
come la brina,
come un sogno,
come una vita.
Negli occhi
la risposta
che la voce
non sa trovare.
Ricordi
dentro una scatola di cartone,
foto screpolate
ingiallite dal tempo,
fogli sgualciti
su cui, a fatica
si scorgono tracce
d’inchiostro
che lottano
per non scomparire.
Rugose, tremanti mani
rovistano con cura,
togliendo e riponendo
ogni volta,
dietro e finestre ovali
stanchi occhi
osservano
e ricordano una vita,
vecchiaia.
Ascolti,
un pensiero
che ti sussurra in testa,
una nota dimenticata
risuona improvvisa
e ti sfiora l’anima
e poi
una lacrima.
Euforia
che ti riempie di nulla,
che ti fa ridere
di falsa gioia,
che ti fa dire
cose non vere,
che ti fa urlare
di falso coraggio.
Euforia falsa,
di amarezza impregnata,
priva di senso
appare poi
quando è passata,
rimani solo e vuoto
animo lacero e contuso
dagli ultimi fremiti
di un illusoria vita.
Dentro
muore un dio
e resta solo
un io
di raggrumata rabbia.
Chiazze di sangue
in arida terra
rappreso.
Cupo,
color di morte.
Sigari avana,
volute di fumo nella sera
l’acre sapore del rum,
giù nella gola
dita rattrappite
più non trovano lettere
sopra la tastiera
e non riescono a comporre
la parola,
canne di fucile
acciaio brunito
Cuba,
irraggiungibile e lontana.
Risuona nell’aria
come una preghiera
un ultimo, inudito
rintocco di campana.
Verranno,
non temere,
sicuramente verranno.
Da dietro l’angolo
o da lontani orizzonti,
dagli ospedali.
dai ghetti,
sollevando la terra
dove erano stati riposti.
Verranno,
non temere,
sicuramente verranno.
Correndo
camminando
strisciando carponi,
bimbi, donne, vecchi.
Urlando
il dolore della morte
riempiranno i tuoi sonni,
busseranno ai tuoi sogni,
saranno
i tuoi costanti incubi.
Verranno,
non temete,
sicuramente verranno
Piccolo mondo,
rimaste di te
le cose più tristi,
più amare, presenti.
Nude strade d’asfalto
bruciate e contorte,
campi aridi e brulli
deserti,
non più fecondati
dal sudore di uomini.
Città polverose
silenti di macerie,
ruderi
che racconteranno la storia
ai morti,
da che scoppiò su te,
piccolo mondo,
l’uragano d’ira
di pochi uomini.