Riflessi – Spiccioli
Specchio,
privato di immagine
più non rifletti
amarezza.
Specchio,
privato di immagine
più non rifletti
amarezza.
Il cielo non è
uguale per tutti…
Il sole non tramonta
mai
nello stesso modo.
Non per la pioggia
Non per la nebbia
Non per la neve
Non per il sole
Non per la siccità
Non per l’arsura
Ma per le risa di pochi
Per il pianto di molti
Per la fame di troppi
No il cielo non è
uguale per tutti…
Un solo istante
e
entrerò nel silenzio,
perderò
cognizione del tempo,
imploderò
risolvendo lo spazio,
e
non sarò più io.
Le balene
sono grandi e son grosse
ma non sono balosse (*)
le balene,
è forse per questo
sono in via di estinzione.
Chi?
Le balene.
I leoni,
sono forti e son grandi
ma non sono più tanti
i leoni.
Nelle notti ruggiscono di rabbia
come vecchi coglioni.
Chi?
I leoni.
Gli elefanti
son stupendi giganti
ma non son più abbondanti.
gli elefanti.
Per quei grossi dentoni
gli han sparato perfino coi cannoni
a quei vecchi bestioni.
Han salvato quei pochi
necessari a soddisfare i gitanti.
Chi?
Gli elefanti.
Le iene,
sono bestie irritanti,
son schifose e ringhianti.
Le iene.
Sono brutte e rognose
e divorano carogne
le dentiere affilate
ridono come dannate
e son sempre più tante.
Chi?
Le iene.
Sono come quei tali
son superbi e brutali,
quei tali.
Per vestire, mangiare
o per puro piacere,
distruggendo stanno gli altri animali,
le balene, i leoni
e quei grossi bestioni
chiamati elefanti.
È per questo
che loro son tanti,
molti più delle iene.
Chi?
Quei tali
che si credono giganti
ma son solo dei nani.
Chi???
Gli umani.
P.S. Chiedo umilmente scusa alle iene per l’irriverente confronto.
(*) balosse = furbe. Forma dialettale
Tristi
le note della canzone
che si alzano
nell’aria pesante della sera.
Parlano
di case lontane
di volti di gente straniera,
di lacrime, di risa,
di voci dolci o rissose,
ma sempre
note cariche di ricordi
rimpianti
per un paese lasciato.
Struggente malinconia
danzante
si vibranti corde
mosse da tozze
callose dita
ad accompagnare
la tristezza di un anima.
Questa
è la storia
di una scalpa bucata, lasciata
così
sola e abbandonata accanto
a un letto
disfatto
in un campo distratto, sulla
riva di un fiume.
E il fiume
che andava
la vide e gli chiese:
“Che resti qui a fare?
Nessuno
di certo, ti verrà più
a cercare.
Dai, vieni
io seguo la strada che va
verso il mare,
laggiù potrai stare sulla spiaggia
dorata
a prendere il sole
e quando vorrai ti potrai bagnare
nelle docili onde dell’acqua
del mare”
La scarpa si mosse e
si fece portare.
Quando noi
in altri tempi
corremmo col pensiero
in spazi ora dimenticati.
Quando noi,
in dissimili corpi
tra astri e vuoti spazi
seminammo vita.
Ora,
persa ogni capacità,
piccoli demoni esuli
ci illudiamo
di non essere mai stati
quasi dei.
Di quei ciclopici
maestosi resti
non comprendiamo il messaggio.
Allibiti,
pur conoscendone l’esistenza
li ignoriamo
o diamo al loro esistere
false spiegazioni,
puerili,
come infantili scuse,
senza capire che
fu opera nostra
di…
quando noi
in altri tempi.
Ciao fratello.
Ho aperto la porta
è comparso l’uccello,
poi ho richiuso la porta
ed è scomparsa la vita
e l’uccello rinchiuso
gridava :”E’ finita, è finita
questa inutile vita.”
E’ cambiata la sorte
ora dietro la porta
sai chi bussa? E’ la morte.
È la morte sovrana,
signora e padrona.
Tu la credi cattiva, crudele
ma è buona.
Ora il canto d’uccello
si riduce a uno strido
poi è tutto silenzio,
così tutto è finito.
E subentra la pace
che dilaga sovrana
dolcemente cancella
anche l’ultima pena.
Resta sopra al divano
un oggetto sdraiato
è sol ciò che rimane
di qualcosa che è stato.
Sabbia, sabbia,
sabbia,
nel nostro cervello.
Cullata dalla risacca
scopre e ricopre
sogni,
frammenti di verità
persi di nuovo
nel riflusso.
Sabbia, sabbia,
sabbia
sul nostro amore.
In vortici impetuosi
nasce
poi mestamente
in nuovi gorghi
si spegne, muore.
Sabbia, sabbia,
sabbia
sulla nostra vita
in un onda nata
e in un onda finita.
Fra brevi spazi
scoppi d’amore e d’ira.
Resta un mistero,
a cosa sia servita.
Lui aprì gli occhi
come se fosse giorno,
e sentì un brivido
come se fosse inverno
entrò nel sogno
come se fosse vita
si inchinò sul palco
come se fosse recita.
Ma poi la vide
come se fosse nuvola,
sola nel mondo
come se fosse un isola.
Senti il suo battito
come se avesse un cuore,
poi le sorrise
come se fosse amore.
Ma la scordò
come se fosse anonima,
senti la colpa
come se avesse un anima
versò una lacrima,
come se fosse pianto
carezzo un fiore
come se fosse vento.
Ma poi si perse,
come se fosse nebbia
e serrò i pugni
come se fosse rabbia
e fu nella mattanza,
come se fosse un tonno.
Poi, chiuse gli occhi
come se fosse sonno,
ebbe il ricordo
di un pianto nella culla
e poi svanì,
come se fosse nulla.