Arcobaleno
Dentro a un cielo,
denso di nubi
uno spiraglio.
Sei tu,
che sorridi.
Dentro a un cielo,
denso di nubi
uno spiraglio.
Sei tu,
che sorridi.
(chiedendo scusa a Cervantes)
Mie dame ora io giungo da lontano
più che dai luoghi ormai dal tempo
e raccontar cosa sussurri il vento
ormai mi par inutil se non vano.
Cavalier io fui nei tempi andati
ed in sella a nobili destrieri
in tempi che a me paion solo ieri
combattei a fianco dei soldati
per nobil cause e non per vil denaro
il volto sereno ed il mio sguardo fiero
l’elmo lucente al di sotto del cimiero
rinunciai a ciò che avevo di più caro.
Ma il destin con me fu assai crudele
confuso da nemici e burattini
scambiai per giganti dei mulini
ignorando il servo mio fedele
che suggeriva di evitar lo scontro
lanciai il cavallo giù per quella piana
volando poi per l’aire e sulla schiena
finii per terra con l’ossa rotte dentro.
Mia Dulcinea perdona questo fesso
che volea far l’eroe e cambiare il mondo
render quadrato ciò che da sempre è tondo
fu’ sol superbia e me ne accorgo adesso.
E a voi messeri porgo il mio saluto
a voi dame il mio sincero inchino
e poi in silenzio ed a capo chino
vado pel buio e torno ad esser muto.
Un volto nuovo,
di pochi sorrisi,
da molte lacrime
segnato.
Ma voi
non guardate quel volto,
ma il corpo suo
un povero corpo
coperto
da lise vesti,
e così, giudicandovi scostate.
Camminavo,
assorto nei pensieri
quando ti ho visto
là, dove eri ieri,
dove in effetti
tu sei sempre stato,
però che strano,
non ci ho mai guardato.
Mutevole d’aspetto
e di espressioni
carico di ansie,
di affanni, di emozioni.
Hai anche combattuto
per quello in cui credevi,
a volte con i buoni
a volte coi cattivi.
Pentito nei rimorsi
triste nei rimpianti
tutti confusi dentro
molti sorrisi e pianti.
Carico di ricordi
e, a volte, anche scordato
ma, io ti riconosco, tu
sei il mio passato.
Come gli ingranaggi
di un orologio
che al tempo
non danno più valore
restano fermi
che di girar son stanchi.
Così i pensieri miei
han perso ogni volere
all’ombra di un dirupo
guardano vuoti
al rotolar del mondo.
Immagina.
Immagina uno spazio,
immagina un suono,
immagina un sorriso,
immagina un abbraccio,
immagina un bacio,
immagina una lacrima,
immagina un amore.
immagina.
Immagina una vita
Lanciati
alle scoperte più lontane
valicammo monti,
solcammo mari
ed ora i cieli
spinti a scoprire nuovi mondi.
Ma dentro noi,
che vento spira?
Quale corrente attraversa
il nostro buio?
Quante stelle nascono,
quanti mondi muoiono
ad ogni istante?
Dentro noi
esploratori esausti
vaghiamo all’infinito
fra bui sentieri,
lampi accecanti,
pallide albe
rossi tramonti.
Fra luoghi oscuri
e grida
personaggi osceni
s’affacciano a lambire il senno
ad ogni sogno.
Pianeti e soli,
solitari scogli,
aride, deserte plaghe,
immagini intraviste
rubate al sonno
scoprono parti di noi
del nostro mondo
chiuso alla ragione
creando
impossibili dubbi.
(e chiedendo scusa ai romani)
Quanno nun sarò più
‘m’emporterà più gnente
de me, de te,
de tutta l’artra gente.
De fa della politica,
neppure de fa et tifo,
de questo monno ‘nfame,
de tutto questo schifo.
Quanno nun sarò più
questo sarà l’andazzo
ma mo’ vorrei sape’
perché sto qui e m’encazzo?
Sono nato,
ho vissuto la mia vita.
Ho pianto di dolore
ed ho sorriso.
Inutile fu il riso.
Vano il pianto.
Sciocco in quella vita
cercare la mia sorte,
giacché ora dormo
del dolce abbraccio
della morte.
Una volta, uomo.
Ora
anacronistico essere
insoddisfatto
dall’ansia
perseguitato,
vivo
cercando il niente.
Vasi di Pandora,
velli d’oro.
Alle calende greche
forse
troverò risposta.
Novello Icaro
su metalliche ali inseguo
tracce di un sole perso.